William Kentridge: Trionfi e Lamenti sul Lungotevere grazie al crowdfunding Manlio Converti 29 Marzo 2016 News Scorre dolce, la vita a Roma, sul Lungotevere in festa, dopo i trascorsi fasti ottocenteschi, dopo le tragiche alluvioni, trasformato per sempre in muraglione di cemento e in lastricato pedonale. Torna a scorrere l’arte lungo il Rumon, Albano, Tiber, il romano, albano, etrusco fiume Tevere, grazie alla sensibilità storiografica di William Kentridge, ma soprattutto all’incredibile Raccolta di Fondi, Crowdfunding, che ha già superato, con largo anticipo, la meta attesa di ottantamila euro; e di molto. Il black and white dell’artista sudafricano già aveva sfiorato negli ultimi quindici anni questo progetto e aveva provato una performance di musica ed ombre cinesi, che si ripeteranno il giorno dell’inaugurazione il 21 e 22 aprile 2016. William Kentridge (dalla pagina web del crowdfunding) Neapolis capta tiberim victorem cepit et artes intulit caemento latio. Se è a Napoli che William Kentridge ha potuto sfoggiare tutta la sua capacità di intuizione storiografica nei ricchi mosaici che fanno della stazione Toledo della Metropolitana, uno dei capolavori della contemporaneità, è da Napoli che è partito uno dei più rilevanti contributi, grazie alla Galleria Lia Rumma. Napoli sarà soprattutto il primo premio, tra i tanti offerti dall’artista e dal suo staff, per chiunque doni dai 5 euro in su, o meglio sarà il più caro, giacché vale una donazione di almeno 10mila euro. Neapolis capta, sarà, con un week end ad Amalfi ed una visita guidata appunto alla stazione Toledo della Metropolitana, del vincitore o della vincitrice che abbia offerto tale rilevante quota, non deducibile in Italia, alla meravigliosa causa di educare il cemento omologante alla bellezza tradita. Per i Trionfi è facile aspettarsi grandi risultati da William Kentridge, che può ben trovare materia numerosa nella storia, di Napoli come in quella di Roma, per le sue rivisitazioni espressioniste. Per i Lamenti ci accontentiamo di questa poesia di Ungaretti: Mio fiume anche tu 1. Mio fiume anche tu, Tevere fatale, ora che notte già turbata scorre ora che persistente e come a stento erotto dalla pietra un gemito d’agnelli si propaga smarrito per le strade esterrefatte; che di male l’attesa senza requie, il peggiore dei mali, che l’attesa di male imprevedibile intralcia animo e passi; che singhiozzi infiniti, a lungo rantoli. Agghiacciano le case tane incerte; ora che scorre notte già straziata, che ogni attimo spariscono di schianto o temono l’offesa tanti segni giunti, quasi divine forme, a splendere per ascensione di millenni umani ora che già sconvolta scorre notte, e quanto un uomo può patire imparo; ora, ora, mentre schiavo il mondo d’abissale pena soffoca; ora che insopportabile il tormento si sfrena tra i fratelli in ira a morte; ora che osano dire le mie blasfeme labbra: “Cristo, pensoso palpito, perché la tua bontà si è tanto allontanata?”. 2. Ora che pecorelle cogli agnelli si sbandano stupite e, per le strade che già furono urbane, si desolano; ora che prova un popolo dopo gli strappi dell’emigrazione, la stolta iniquità delle deportazioni; ora che nelle fosse con fantasia ritorta e mani spudorate dalle fattezze umane l’uomo lacera I’immagine divina e pietà in grido si contrae di pietra; ora che l’innocenza reclama almeno un’eco, e geme anche nel cuore più indurito; ora che sono vani gli altri gridi vedo ora chiaro nella notte triste. Vedo ora nella notte triste, imparo, so che l’inferno s’apre sulla terra su misura di quanto l’uomo si sottrae, folle, alla purezza della tua passione. 3. La piaga nel Tuo cuore la somma del dolore che va spargendo sulla terra l’uomo; il tuo cuore è la sede appassionata dell’amore non vano. Cristo, pensoso palpito, astro incarnato nell’umane tenebre, fratello che t’immoli perennemente per riedificare umanamente l’uomo, Santo Santo che soffri, maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, Santo, Santo che soffri per liberare dalla morte i morti e sorreggere noi infelici vivi; d’un pianto solo mio non piango più. Ecco, Ti chiamo, Santo, Santo, Santo che soffri.