Come le reliquie di un santo, nascoste agli occhi dei più, circondate da ex voto delle sue opere virtuose, fotografie o cartelloni, ecco apparirmi dietro i grandi pannelli espositivi le scarpe di scena, i baffi e i trucchi di Eduardo De Filippo. Sono ancora tutti eccitati, soprattutto gli ingegneri, orgogliosi di ospitare una tale mostra, ricca di oggetti originali raccolti da chi aveva veramente lavorato al Teatro San Ferdinando, teatro del mito, poi abbandonato, poi devastato, poi ricostruito, come la chiesa che ci ospita, anzi la Basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli. La sala più importante contiene il cimelio più sacro, camera dentro camera. Cameretta? Camerino! Ecco le colorate spoglie di un camerino pieno di oggetti di scena e specchi e colori e tutto quanto sarebbe servito a Eduardo anche oggi, se fosse ancora vivo. Il suo ricordo a Napoli è quasi spento, la sua lingua, che declinava Pirandello ma era compresa fino a Milano, oggi è pervertita dall’ignoranza diffusa, dalla televisione e dalla progressiva eliminazione della nostra cultura tradizionale, ridotta a macerie gutturali e onomatopeiche. Morì trent’anni orsono, il 31 ottobre, dopo una lunga e travagliata esistenza, spesa sulle tavole del palcoscenico, indossando povere cose, come possiamo vedere, ormai piene di polvere e di nostalgia. Qualcuno, con affetto eccessivo, tocca la giacca da camera di chissà quale spettacolo – tra i tanti – quasi per sentire l’abbraccio di un’epoca e di una personalità che non potranno tornare. Napoli era già stata tradita dalla malavita durante la guerra e non bastarono quattro giornate per farla risorgere dalla melma, anzi la notte divenne più oscura, organizzata, terremotata, drogata, disoccupata, svuotata e riabitata da una modernità e da migranti che non riusciamo ancora a digerire. Ci vorrebbe un museo, ma attendiamo ancora quello del Principe.

info mostra

La mostra è visitabile alla Basilica di San Giovanni a Pignatelli, via San Giovanni Maggiore Pignatelli, 16 – Napoli

 

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A proposito dell'autore

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Manlio Converti, psichiatra, blogger, magato dalla cultura e dall'arte come continua innovazione e sperimentazione, come è la vita, nato nel 69, completa i suoi studi professionali col massimo dei voti nel minimo tempo necessario, laureandosi a 23 anni in medicina. Lavora stabilmente presso la Asl Napoli 2 nord, ma soprattutto perora cause civili e sociali, ancorchè in Italia siano finora perse, come i diritti gay, per egoismo, quelli delle donne e dei migranti, per altruismo, quelli dei sofferenti psichici, per dovere professionale, quelli dell'ambiente, per dovere naturale, quelli degli artisti napoletani e della relativa città conurbata, per patriottismo europeo.