Dream Lovers: i sogni infranti di Tobias Zielony in mostra da Lia Rumma Giordano Mare Aldo Saulino 12 Marzo 2015 News La mostra di Tobias Zielony Dream Lovers. The Films 2008-2014 è un’antologica di un video-artist tedesco in crescita. Selezionato da Florian Ebner al Padiglione Germania della Biennale di Venezia 2015, è alla terza mostra personale in Italia, sempre avvalendosi dell’ormai usuale collaborazione dello staff della galleria Lia Rumma. La prima mostra, nel 2007, fu realizzata negli spazi della vecchia sede milanese di Via Solferino, l’altra nel 2010 a Napoli. Quest’ultima espone la pressoché toto produzione fotografica dell’artista, tra 2008 e 2014, montata in nove corti video esposti nella sede napoletana della galleria. Settemila sono le immagini, scattate con una reflex digitale, di notte, utilizzate per creare Vele di Scampia, con l’aiuto dello staff stesso di Lia Rumma, montate con uno stop-motion a velocità diversa dal reale. Nelle immagine scorre il disagio di chi vive e frequenta questi luoghi, soprattutto le mode e gli atteggiamenti esuberanti dei teenager. Il primo video di Tobias Zielony, proiettato su un vecchio televisore a tubo catodico con delle interferenze, realizzato nel 2008, è Big Sexyland e segue il sonno di un uomo dal viso emaciato (un tossicodipendente, ci spiega l’assistente di sala, Anna Paola Ambrosio), inquadrato con un soffocante close-up sul volto, che dorme seduto in un cinema porno di Berlino Est. Le interferenze e gli espressivi “dialoghi” del film – udibili solo in cuffia per non disturbare i visitatori – cozzano brillantemente, in modo da darci con efficacia una nauseante sensazione di alienazione malsana e di abbrutimento, mentre cogliamo finalmente l’ironia del titolo della mostra, Dream Lovers. Sempre allo stesso modo, tv a tubo catodico e interferenze, è proiettato il cupo Manitoba, piccolo documentario in Super 8 su un ex-detenuto di origini indiane in un carcere di Winnipeg (che è appunto la capitale dello stato di Manitoba, in Canada), sopravvissuto al rituale pestaggio (!) che devono subire gli affiliati di una gang, composta tutta da indiani delle Canada First Nations, quando decidono di uscirne: ovviamente, ne esce solo chi sopravvive. Si ritorna a Berlino, per narrare Der Brief (The Letter), forse il video che maggiormente conserva la struttura del mini-documentario. Un tipo disturbato si innamora di una prostituta e, dopo vari incontri, le propone di fuggire con lui. La donna si rifiuta e lui la minaccia con un coltello. Segue una lettera di scuse, infarcita di tòpoi amorosi ed evocazioni lisergiche, con cui l’infelice cerca di farsi perdonare e conquistare il cuore dell’amata, ma costei, assennata e pietosa, preferisce sparire e andare a esercitare il suo mestiere in un’altra zona della città per non incontrarlo. Il video si avvale di alcune panoramiche sulla vita notturna berlinese, dell’intervista a due colleghe della protagonista che narrano la vicenda, e di un frame in cui viene mostrata la lettera. Anche Danny parla della prostituzione in Germania, ma secondo una narrazione favolistica. È mostrata la vicenda di una squillo che Anna Paola definisce “felliniana” (prendere nota: le donne notevolmente obese, in pittura si dicono “rubensiane”, in video “felliniane”: in scultura, probabilmente saranno “boteriane”) che nelle boscose periferie di un’indistinta metropoli della Ruhr attira l’attenzione dei viandanti con delle variopinte lucine al neon. Le luci al neon fanno da legamento logico tra Danny e The Street (C.P.A.): qui dei minorenni bengalesi che, appunto, vendono lucine al neon e altri gadget elettronici ai turisti romani per vivere o, meglio, per sopravvivere senza genitori in un campo di accoglienza alla periferia di Roma, decidono di non prendersi troppo sul serio e di esibirsi in balletti per l’occhio della foto-videocamera, agghindati come tanti piccoli fan dei Daft Punk coi loro gadget luminosi, nella notte di Monte Mario. A Ramallah, nella West Bank palestinese, sono ambientati Kalandia Kustom Kar Kommandos e Al-Akrab (The Scorpion). Sono forse i due video più simpatici e godevoli. Il primo narra di due ragazzotti di periferia – Kalandia è il posto di blocco più frequentato presso il Muro di Israele che divide Ramallah da Gerusalemme – che spendono tutto quel poco che guadagnano coi loro lavoretti estemporanei per trasformare una vecchia auto in una “supercar” personalizzata in stile Pimp my ride. Lavorando per la prima volta sulla messa in scena, viene citato il film Kustom Kar Kommandos di Kenneth Anger (1965): molto divertente la scena in stop-motion degli ingranaggi e dei pistoni del motore in azione. Al-Akrab vuol rendere omaggio all’intro del film L’âge d’or di Luis Buñuel (1930), quindi deve essere surrealista e parlare di scorpioni. Presto fatto: cinque ricercatrici con indosso un burqa integrale dalle curiose e un po’ carcerarie strisce zebrate orizzontali – non si sa bene dove, non si sa bene perché, ma l’atmosfera di proibita clandestinità è palpabile – conducono degli esperimenti su uno scorpione fino a farlo morire. Ma appena muore, ecco che compare il fantasma dello scorpione stesso che si mette a zampettare allegramente in stop-motion, a rappresentare simbolicamente la capacità del video e dell’arte in generale di superare i confini naturali della morte, per la gioia di grandi e piccini. Si è detto che Tobias Zielony abbia inteso realizzare uno spaccato lucido e obiettivo, privo di coinvolgimento emotivo, di situazioni limite del vivere ai margini della società, quasi fossero i suoi video, le sue foto, dei documenti crudi, delle denunce realizzate con la cifra stilistica di uno scrittore verista o naturalista: Tobias Zelony come un Émile Zola della video-arte. Non sono pienamente d’accordo. Queste analisi sembrano trascurare un forte senso dell’ironia con cui i video vengono costruiti e le vicende narrate, ironia che, “pirandellianamente”, preservano sia l’autore che lo spettatore da un eccessivo e forse condizionante coinvolgimento emotivo mentre al contempo rendono evidente tutta la crudeltà di certe condizioni di vita estreme. Se vi interessa, affrettatevi a visitare la mostra perché chiuderà il 16 marzo. bio artista Tobias Zielony (Wuppertal, Germany, 1973) si è formato alla Accademia di Arti Visive di Lipsia. Dopo aver studiato Documentary Photography presso l’Università del Galles a Newport, nel 2001 frequenta il corso di “fotografa artistica” tenuto da Timm Rauterts presso l’HGB di Lipsia. Dopo la laurea nel 2004 e il master nel 2006 si trasferisce a Berlino. Riceve il GASAG-Kunstpreis di Berlino, nel 2006 vince due borse di studio per New York e Los Angeles. Seguono mostre personali presso gallerie private e musei internazionali, tra i quali: C/O di Berlino (2007), Kunstverein di Amburgo (2010), Folkwang Museum di Essen, MMK Zollamt di Francoforte, Camera Austria di Graz, Philadelphia Museum of Art (2011) e Berlinische Galerie (2013). E’ stato invitato da Florian Ebner per il Padiglione Germania alla prossima Biennale di Venezia (2015). Vive e lavora a Berlino. info mostra TOBIAS ZIELONY Dream Lovers. The Films 2008 – 2014 Galleria Lia Rumma Napoli Via Gaetani, ad angolo con Via Chiatamone. Orari galleria: 6 martedì- sabato h 11.00 – 13.30 / 14.30 – 19.00 La mostra è a ingresso gratuito e termina il 16 marzo 2015.