Siamo nei lontani Paesi scandinavi, che si contrappongono al nostro, sia per clima, sia per emotività, ordinata quella, caotica la nostra. Ears go deeper than eyes can see è una mostra minimalista di Runo Lagomarsino nella galleria Umberto Di Marino (Via Alabardieri, 1, 80121 Napoli), che destruttura tutte le nostre certezze storiche, a puro scopo riflessivo. Eppure le diapositive su Zurab Konstantinovič Cereteli (Tsereteli) (scultore monumentalista russo-georgiano, nato nel 1934) mi affascinano soprattutto per quel sottofondo musicale del nuovo inno russo che disambigua l’impero sovietico nell’impero del gas di Putin. Meravigliosa idea di grandezza che si contrappone appunto alle idee scandinave di ordine e misura, e che fallisce il suo intento di creare immensi edifici-sculture commemorativi, che passano oltre le varie frontiere, facendo perdere quindi l’idea stessa di identità. Simili alle corone turrite e fogli cilestri di mare e di cielo esposti agli elementi naturali, che si trovano altrove, oppure ai calchi di ceramiche e immagini storiche di colonie e isole tropicali. D’altra parte, il giovane autore ruota, dopo gli studi americani, tra São Paulo e Malmö, entrambe le città educatamente libere dagli stessi conflitti, di cui appunto si occupa l’autore. info mostra Galleria Umberto Di Marino – Via Alabardieri 1, 80121, Napoli Fino al 9 ottobre 2014 Orario: lunedì – sabato ore 15:00 / 20:00 – mattina su appuntamento Comunicato stampa: La Galleria Umberto Di Marino è lieta di presentare, mercoledì 11 giugno 2014, la personale di Runo Lagomarsinodal titolo Ears go deeper than eyes can see.Il passato recente o remoto, nelle modalità in cui è stato rappresentato, messo alla prova, rifiutato, ridefinito, così come i processi storici che sono in grado d’influenzare gli assetti socio-politici attuali, costituiscono la cornice all’interno della quale si muove l’indagine dell’artista svedese di origini argentine. Il lavoro di Runo Lagomarsino si pone alla ricerca di fratture, narrazioni altre o misconosciute, grazie alle quali smantellare il sapere tradizionale, permettendo di leggere passato e futuro da nuovi punti di vista. Nell’opera che dà il titolo all’esposizione, Ears go deeper than eyes can see, una serie di ceramiche artigianali sono disposte su fogli di cartone. Questi piccoli oggetti, creati a seguito di personali ritrovamenti di cocci di ceramica sulle spiagge delle Mauritius, assumono un’esistenza autonoma ambigua. Da un lato, infatti, fanno eco ai criteri di catalogazione scientifica per l’esposizione di reperti archeologici, dall’altro mettono in evidenza la fragilità delle proprie forme generate dalla pressione del gesto umano sulla materia malleabile. Nella stessa stanza, due pile di poster mettono a confronto momenti diversi della conquista occidentale dell’America Latina: attraverso un’illustrazione tratta dal libro El primer nueva corónica y buen gobierno (1612-1616) di Felipe Guaman Poma de Ayalas (uno dei testi fondamentali per la ricostruzione della cultura Inca) e un disegno di Mathias Goeritz, autore di un’importante riconsiderazione del Modernismo in Sud America attraverso il Manifesto dell’Architettura Emozionale (1953). L’indagine scrupolosa che Runo Lagomarsino conduce intorno al colonialismo e al relativo dibattito storiografico implica, quindi, il punto di vista come premessa ideologica determinante per il prevalere di una cultura rispetto ad un’altra. Il senso di appartenenza ad una specifica comunità, infatti, gioca un ruolo decisivo rispetto alla narrazione degli avvenimenti e al peso che questi poi assumono nell’immaginare un futuro possibile. Su questo crinale l’artista s’interroga rispetto alla definizione di ogni supposta “identità coloniale” a latitudini diverse, in modo da offrire molteplici prospettive, includendo anche uno sguardo critico sui linguaggi abitualmente usati dagli artisti e dai teorici per descrivere il colonialismo. Nella seconda stanza, il dettaglio di una corona turrita viene stampato ripetutamente sulle pareti come a creare una lunga barriera. Il timbro riporta alla mente i controlli di frontiera su passaporti e visti: un’autorizzazione ufficiale governativa al di sopra della quale, però, sono sospesi i Sun drawing blu. La dimensione del viaggio in quanto “spazio politico” ha spesso obbligato a riconsiderare i punti di riferimento, allo stesso modo le migrazioni modificano continuamente le identità personali verso direzioni inaspettate. I disegni sono il risultato della semplice azione di esporre ogni foglio di carta al sole del Mediterraneo, immergendolo poi nel mare e dando voce in questo modo ai segreti delle mille storie in essi contenute. In For the ghosts and the raving poets, infatti, una lampadina è lasciata sul pavimento, pronta a ad essere sospesa e accesa durante le ore di chiusura della galleria. Una luce che i visitatori non vedranno mai e che risplende come una piccola simbolica presenza in memoria di quei fantasmi. Infine, Following the Light of the Sun, I Only Discovered the Ground pone l’accento sulle dinamiche di potere legate al giudizio storico e culturale. Una proiezione di diapositive mostra materiali recuperati dall’archivio di Zurab Tsereteli, artista russo-giorgiano incaricato di realizzare la scultura più alta del mondo per le celebrazioni del 500° anniversario del viaggio di Cristoforo Colombo. La statua, infatti, non è mai stata assemblata per intero per via di continui rifiuti da parte delle istituzioni americane, così che i suoi componenti hanno peregrinato per più di vent’anni prima di trovare una collocazione definitiva a Porto Rico, dove è attualmente in corso l’assemblaggio. Le immagini sono accompagnate dalle note dell’inno russo, creando possibili fraintendimenti e sottolineando lo spiazzamento e l’arbitrarietà insiti nella scrittura di ogni storia.