Articolo di Giuseppe Spena.

In Rosaria Matarese il femminile è corpo ed imago-azione. Nelle prime opere degli anni ‘60, le garze in tulle delle sottogonne, utilizzate dalle ragazze dell’epoca, i legni spiaggiati e il colore ad olio, vanno a costituire delle sedimentazioni organiche. La trasparenza e la levigatezza delle superfici richiamano alla memoria sinestetica del fruitore (e dell’artefice) la presenza dell’elemento liquido. L’accostamento di elementi “intimi” ed elementi “naturali” assume, nelle opere di Rosaria Matarese, una potente connotazione simbolica e, di conseguenza, politica. L’opera diviene il fulcro energetico in cui le istanze interiori dell’artista convergono e si confrontano con la realtà “fisica” esteriore. Per Rosaria Matarese l’opera è un confine, un’area di congiunzione tra due mondi, quello magico-inconscio e quello fisico, che, proprio nell’opera, si rispecchiano l’uno nell’altro. Questo aspetto sarà evidente in diversi cicli di opere, ad esempio nella dialettica opera-fruitore innescata dalle “cornici strombate” che, se da un lato si protendono verso l’esterno, dall’altro delimitano la parte più intima dell’opera stessa, o nei “quadri-scultura” che si aprono come “scatole magiche” e come “finestre” (da quelle degli anni ‘60 a quelle più recenti), o ancora nei lavori degli anni ‘80 in cui il senso di “profondità” è enfatizzato “montando ad una decina di centimetri dalla tela dipinta una lastra in plexiglas con altri disegni, spesso ispirati ai capolavori della storia dell’arte, che, illuminati da più faretti, proiettano le proprie ombre sulla tela”.

Rosaria Matarese al PAN
Il lavoro di Rosaria Matarese tende a sincronizzare aspetti bioenergetici tipicamente umani con forze naturali. Da qui il suo uso peculiare dell’object trouvé. I legni spiaggiati, levigati dalle onde del mare e dagli agenti atmosferici, vengono assemblati in composizioni zoomorfe, pesci e uccelli, creature che sembrano riemergere dagli abissi dell’inconscio. In altre opere, i legni, levigati e nodosi, hanno una duplice valenza perturbante, rimandano al crocefisso e alla sinuosità del corpo umano. L’effetto è enfatizzato dall’uso di altri materiali di recupero quali bambole, chiodi, manichini.
Anche le opere del ciclo “Recidere”, degli anni ‘90, vivono di una ambivalenza semantica: l’effetto di traslucenza placentare, ottenuto attraverso l’uso sapiente dei pastelli a cera su carta da scenografo, produce al contempo una sensazione di densità atmosferica, potremmo dire, leonardesca. L’opera è ancora una volta il luogo in cui il mondo interiore dell’artista e il mondo esteriore, “fisico”, divengono l’uno la necessaria prosecuzione dell’altro.
Nelle opere del ciclo “Abu Ghraib” la connotazione politica è esplicita, ma risulta significativo lo scarto tra i meccanismi dell’informazione (giornali e televisione) e l’in-formare del procedimento artistico. Se l’informazione si basa principalmente sulla capacità retorica, l’in-formare artistico attinge a meccanismi associativi ancestrali. I Kuroi della Matarese sono raffigurazioni di esseri umani a grandezza naturale, in cui la plasticità dei corpi è ottenuta attraverso il collage e l’uso della flesh tint, dei neri e dei rossi. Nessun artificio retorico potrebbe restituire, in maniera così efficace, la percezione della sofferenza inflitta nella carne.
L’opera che forse più di tutte si apre al fruitore e, allo stesso tempo, lo avvolge e lo accoglie nel mondo interiore dell’artista è “Io nel duemilaundici”. Quest’opera rivela la complessità della maturità: i sogni, il potere dell’immaginazione, le riflessioni, ma anche le lacerazioni dell’anima, formano un continuum esistenziale in cui tutto è presente e vivo.

A proposito dell'autore

Redazione
Google+

RACNA è una rivista sull'arte e i linguaggi della contemporaneità. Offre un affresco godibile e avvincente sull’arte contemporanea, e si propone come strumento di promozione e condivisione tra operatori e utenti. RACNA Magazine promuove iniziative volte alla valorizzazione dei giovani artisti e alla creazione di una rete sulla base di interessi comuni.