MUSMA - BernardiniMUSMA: la scultura contemporanea trova il suo “spazio” nei sassi di Matera Laura Galloppo 28 Ottobre 2015 News Nell’immaginario collettivo di Matera è definito Il Palazzo dalle Cento Stanze: non posso dirvi se effettivamente il Palazzo Pomarici, attuale sede del Museo MUSMA della cittadina lucana, abbia davvero un numero così elevato di stanze, ma posso garantirvi che lo spazio è il vero protagonista del Museo, la cui bellezza è “amplificata” – se è possibile – dall’allestimento delle opere. MUSMA sta per Museo della Scultura Contemporanea di Matera, ed è l’unico museo in grotta al mondo. Come scrive Marcella Bruno, ufficio stampa del MUSMA: “L’arte contemporanea, in particolar modo la scultura, ha annullato la cesura tra opera e spazio, in modo che il luogo e, più in generale, l’ambiente dove l’opera viene posta, non è più un mero contenitore ma diventa parte integrante del manufatto, lo spazio è protagonista dell’azione plastica”. L’attuale struttura di Palazzo Pomarici consta di una parte scavata nel tufo e di un’area edificata del palazzo. Al visitatore restano impressi i vasti ipogei sotterranei scavati nel tufo, che si diramano dai tre ampi cortili. E poi ancora le Sale della Caccia – quattro ambienti con pitture parietali seicentesche – la Saletta della Grafica e la Sala delle Ceramiche. La vastità e la varietà degli ambienti ricorda i fasti economici e familiari della casata Pomarici, proprietaria dell’edificio. Edificio che fu dismesso e abbandonato per oltre trent’anni in esecuzione della legge sul risanamento dei Sassi di Matera, ritenuto malsano e antigienico. Nel 1998 è stato inserito in un progetto di straordinaria manutenzione e sistemazione da parte del Ministero dei Lavori Pubblici e destinato a sede della Fondazione Zétema di Matera. I lavori di ristrutturazione sono iniziati nel 1992 e nel 2005, il Comune di Matera lo ha assegnato alla Fondazione. Vortice – MUSMA Una struttura peculiare, quella del MUSMA, in cui le opere si integrano pienamente all’ambiente che le ospita. Continuando con le parole della Bruno: “Le sculture, di molteplici forme e materiali, entrano in simbiosi con l’ambiente alterandolo e alterandosi, ambiente inteso tanto come architettura quanto come natura. Alcune delle opere esposte sembrano essere nate proprio per la struttura che le ospita, altre sono state realizzate appositamente per il MUSMA”, a partire dai cancelli, sia quelli che danno accesso ai tre cortili del piano inferiore, sia i cancelli di ingresso degli ipogei.” Partiamo proprio dai cancelli per descrivere alcune delle opere della collezione del Musma, molte delle quali donate direttamente dagli artisti o dalle gallerie/fondazioni che li rappresentano. Eliseo Mattiacci firma il cancello Riflesso dell’ordine cosmico, 2010. L’opera è inquadrata nell’interesse dell’artista per il cosmo e le costellazioni che lo ha portato negli anni ’80 a focalizzarsi su queste tematiche, usando spesso materiali ferrosi di cui gli interessava la resa plastica. Anche l’opera Vortice, all’interno di uno degli ipogei è di grande suggestione, aiutata dall’allestimento e dalle luci. Pur non potendo citare tute le 500 opere della collezione del MUSMA, non si può non riconoscere il ruolo di accesa sostenitrice della nascente istituzione che ebbe Carla Accardi. Proprio al MUSMA si tenne l’ultima personale dell’artista chiusasi nell’aprile 2014. Con Carla Accardi passiamo dunque al colore. Come lei stessa scrive: “Fu un desiderio di pormi di fronte al colore, come verità della pittura; tutto il bianco-nero era stato una radicalizzazione; volli trovare un colore che fosse così radicale come il bianco-nero…”. Ritroviamo il suo colore con due opere Coni, del 2004, e Si adagiarono sparse, del 2006, nella parte edificata del palazzo Pomarici, sicuramente meno “empatica” rispetto agli ipogei per il visitatore. In questi ultimi grazie al continuo rimando dentro-fuori, il visitatore è maggiormente coinvolto dallo e nello spazio: entra ed esce, a volte si abbassa, lo spazio gli pone delle domande, lo incuriosisce, si sporge, è più esposto, anche fisicamente. Nelle sale dello spazio costruito questo coinvolgimento si affievolisce, perché la linearità cronologica diventa una traccia già vista e poco sentita nella visita. Tante sono le opere che si ricordano, dal Calcio di rigore di Emilio Isgrò, ispirata alla guerra dell’ex Jugoslavia dell’inizio degli anni ’90 alla scultura di Luce di Carlo Bernardini che illumina in maniera geometrica un angolo degli ipogei. Chiudiamo però con le opere di Maria Lai che ha dimostrato con il suo lavoro quanto fosse infondata la tesi del suo severo maestro Arturo Martini sulla morte della scultura. I suoi fili, che siano di cotone, di lana o di ferro, rimandano a un mondo ancestrale e preistorico e lasciano i propri segni nello spazio che ne rimane fortemente connotato. Sculture dunque vive più che mai. Ora spingendo i suoi cancelli Tessere la notte, opera del 2014 donata al Museo, chiudiamo anche noi questa visita al MUSMA.