Il mio Tirocinio di Arteterapia nella struttura La Roccia Redazione 5 Maggio 2016 News Ho appena iniziato il mio terzo e ultimo anno di formazione di un corso che mi rilascerà un diploma di Arteterapeuta: un lavoro affascinante al quale mi sono avvicinata gradualmente. Il mio impegno lavorativo riguarda la fotografia terapeutica: insegno storia e comunicazione da sedici anni e guardo, da sempre, alle fotografie cercando l’animo e la poesia delle persone che le hanno realizzate. Partendo da queste premesse, per arrivare al desiderio di occuparmi di fotografia terapeutica il passo è stato breve e folgorante. Per me essere un’arteterapeuta vuol dire riuscire ad attivare le risorse che ognuno di noi possiede, ossia quelle capacità di elaborare il proprio vissuto, attraverso l’arte e potergli conferire una dimensione e una forma trasmissibile agli altri. Questo processo, inizialmente difficile perché legato alle naturali resistenze di ognuno di noi, diventa, poco dopo, molto di impatto, incrementa la consapevolezza di sé, genera benessere, permette l’inclusione sociale e porta alla capacità di poter affrontare le difficoltà. La creazione del lavoro, realizzata attraverso il medium artistico (pittura, musica, teatro, fotografia, video, danza), permette di poter elaborare i propri vissuti ed esprimerli. Da un mese ho iniziato il tirocinio del corso di Arteterapia nel Centro diurno di riabilitazione La Roccia che ospita pazienti affetti da disagio psichico. Sono alla mia terza esperienza lavorativa a diretto contatto con il disagio: da tre anni lavoro in un centro diurno per pazienti affetti da dipendenze e per un anno ho condotto due laboratori, sempre di fotografia terapeutica, nel Carcere di Poggioreale. Ogni esperienza è un terreno nuovo nel quale mi muovo con molta attenzione, ascoltando moltissimo e sempre con una equipe che segue con me il gruppo: credo molto nella forza del gruppo sia di quello che conduce il laboratorio arte terapeutico che di quello che lo segue. Questo mio tirocinio mi mette empaticamente in contatto con un dolore che immagino soffocato sia nelle persone affette da disagio psichico che dai loro familiari: lo stigma in queste situazioni è sempre molto forte, anche se subdolamente nascosto ed è difficile da combattere. Da un mese partecipo al laboratorio cinematografico del Centro, che è nato dall’unione di altri due laboratori; quello di teatro e quello di scrittura creativa. Lo staff legato a questo laboratorio è composto da tre persone: il direttore del centro, una psicologa e una riabilitatrice psichica, alle quali si affianca, ovviamente, il regista che segue il gruppo; ora anche io partecipo, al momento, come tirocinante osservatrice. È molto importante per me questa fase perché mi permette di capire come funzionano i rapporti interpersonali e di vedere come si affrontano i disagi comunicativi delle persone che seguono il gruppo. Soltanto in un secondo momento, concordandolo con lo staff, proporrò al gruppo delle esperienze di fotografia terapeutica. Con il regista stiamo lavorando alla costruzione di un cortometraggio che racconterà la vita di tutti i componenti del gruppo ed ognuno di loro, a piccoli passi, ci sta mostrando i luoghi della sua vita, fotografandoli e parlandone tutti assieme. Mi piace questo laboratorio e anche il modo in cui viene condotto perché ogni sento molto forte l’idea dell’accompagnamento verso l’espressione emotiva attraverso le fotografie, le parole e più avanti il video. Mi piace pensare che l’arte possa dare una mano a chi vive un disagio e farlo sentire accolto in un luogo protetto. Mi piace pensare, infine, di poter dare il mio contributo nel processo di conquista del benessere. IMMAGINE PER IL TESTO (In un contesto di disagio c’è bisogno di uno spazio contenitivo nel quale potersi esprimere e provare a liberarsi da ciò che ci impedisce di poter raggiungere la felicità. Questa immagine, che ho ripreso fuori al Centro La Roccia, sintetizza questo mio pensiero) L’arte come strumento di benessere. A cura di Federica Cerami