Più volte, nell’ambito di una mostra o di un evento, ho accettato l’invito a conversare sulla storia dell’arte urbana a Napoli. L’ho fatto non perché non si conoscessero i nomi di ormai noti esponenti del movimento, ma perché, quanto è avvenuto, nel tempo, tra le strade napoletane, è sfuggito ad ogni analisi. Provare a collegare insieme più informazioni può generare input interessanti e aiutarci ad apprezzare maggiormente gli interventi attuali. Chiunque a Napoli conosce Ernest Pignon- Ernest. Ritornato recentemente in città, Pignon-Ernest ne è legato profondamente. La prima volta arrivò tra il 1987 e il 1988 grazie a Jean Digne, al tempo direttore dell’Istituto Grenoble, e vi ritornò, in seguito, più volte. I suoi interventi hanno quasi sempre attinto dalla storia dell’arte, riportando in luce grandi capolavori che si sono mischiati con l’anima e la società napoletana. E sempre mi piace raccontare la storia della signora Antonietta che Ernest Pignon-Ernest aveva conosciuto tra le bancarelle in San Biagio dei Librai e a cui, dopo la morte, dedicò una delle sue opere restituendo la presenza dell’anziana donna al centro antico di Napoli e fecondando, con una nuova vita, la figura di Antonietta stessa. Per fare questo Pignon-Ernest utilizzava carta che appiccicava, previo studio dei luoghi atti ad ospitare gli interventi, sul piperno della città. Usare la carta voleva dire rispettarne storia e architettura, integrandosi con souplesse nel tessuto urbano, proprio come ci ha dichiarato qualche tempo fa. A ben vedere, e sicuramente a molti non è sfuggito, gli interventi di Ernest Pignon- Ernest vivono ancora, però, in una forma tutta nuova; contemporanea per la giovinezza del loro autore ed antica come i soggetti prescelti. Parlo, naturalmente, degli apprezzati interventi di Zilda, corpi di carta leggeri e delicati, ma dal forte e persuasivo impatto. Anche se non più visibili, sono tanti i napoletani che rievocano con la memoria opere come La tentazione di Eva, Lilith, Rinunciazione e La Chevelure realizzate da Zilda nel chiostro del Monastero di Santa Chiara. Non sappiamo se il giovane artista francese abbia volutamente seguito le orme di Pignon-Ernest, ma come negare la forza dell’apporto francese alla street art napoletana? Anche gli interventi di Zilda sono frutto di una diretta conoscenza di Napoli e dei napoletani. E quanta poesia in quei corpi che ancora prendono spunto da pittori italiani ed europei o dalla letteratura francese! Zilda – LILITH Ma c’è un nome che forse resta ancora oscuro a molti. Parlo di Blek Le Rat, al secolo Xavier Prou, artista francese tornato alla ribalta in Italia dopo una mostra tenutasi a Milano, in verità figura di spicco dell’arte urbana, anche napoletana. Blek Le Rat è stato tra i primi ad esprimersi grazie all’utilizzo degli stencil. E anche se lo pseudonimo scelto racconta molto dei soggetti che per tanto tempo hanno caratterizzato la sua produzione, giunto a Napoli nel corso degli anni Ottanta, ha scelto anch’egli di affidarsi ad un tema più ombroso come la morte o meglio la sofferenza del corpo, oscillando tra influenze caravaggesche e tensioni alla maniera di Francis Bacon. Blek Le Rat – Napoli 2, foto di Libero de Cunzo Quando perciò qualcuno ancora chiede: perché Banksy ha realizzato qui a Napoli le sue uniche opere italiane? La risposta potrebbe essere molto semplice, diretta. Al di là dei giochi di identità, Banksy è un grande ammiratore di Blek Le Rat (“Ogni volta che dipingo qualche cosa, scopro che Blek Le Rat l’aveva già fatto venti anni fa“, ha dichiarato). Non a caso anche la tecnica utilizzata dallo street artista britannico (almeno per gran parte della sua produzione e compresi gli interventi napoletani) è quella dello stencil. Oggi solo le foto di Libero de Cunzo ci restituiscono la memoria visiva degli interventi di Blek Le Rat. Al contrario di Banksy, conserviamo una sola opera, sottovuoto, in Piazza Gerolomini. Banksy foto di Dan Carrano Giungiamo, dunque, al titolo di questo breve articolo: la street art tra Napoli e l’Europa. Perché se da un lato gli artisti francesi hanno potuto portare qui il seme dell’arte di strada, dall’altro molto ha donato Napoli a loro. E seguendo questo filo rosso, che possiamo chiamare storia, è possibile affermare che molti altri saranno gli esponenti che seguiranno, con consapevolezza o meno, le orme di questi grandi artisti.