Giovanni Cocco e Caterina Serra - Displacement New Town No TownIl Festival della Fotografia di Roma è presente! Laura Galloppo 5 Dicembre 2015 News Per i latini hic et nunc è un’esaltazione dell’attimo e dell’istante di un preciso momento temporale, e il filosofo Zygmunt Bauman parla di eterno presente. E il presente è anche il tema scelto quest’anno dal Festival della Fotografia di Roma, dal 9 ottobre al 17 gennaio 2016, presso il Museo MACRO, organizzato da Zetema Progetto Cultura, con la direzione artistica di Marco Delogu. Del presente vive e si nutre la macchina fotografica, inventata per dar voce ad attimi e contingenze e subito dopo distribuirle, velocemente e in maniera capillare. Una democratizzazione dell’immagine che fa parte delle nostre vite quotidiane. Paolo Pellegrin – Sevla L’itinerario di mostra è solido e compatto e si dispiega tra la collettiva principale, mostre personali e la XIII Commissione Roma. La collettiva principale è dedicata ai fotografi italiani più rappresentativi della scena contemporanea, tra i quali non possiamo non citare Olivo Barbieri. Il suo progetto _ROMA 14 prevede lo scatto dall’alto del plastico della città di Roma che si trova al Museo della Civiltà romana. Barbieri riprende una consueta tecnica, già adottata in passato, detta “del fuoco selettivo”, quando aveva scattato dall’alto (in elicottero) foto di Roma, mostrando una città statica e immobile, proprio come un plastico dove alcuni elementi restano volutamente bianchi spiccando fuori per contrasto. Anche Stefano Graziati mette in scena l’attimo, qualcosa di congelato rispetto a un movimento più ampio e forte. Il momento immortalato è infatti il salto di uno sciatore nel lavoro Salto Grande Estasi, tanti piccoli frammenti spezzettati che permettono di ricostruire lo slancio e poi la planata dell’uomo. E l’estasi è tutta lì, nella sospensione, nella magia di quel momento. Di tutt’altra specie è invece la riflessione di Paolo Ventura, fotografo e scenografo milanese classe 1968. Il “tempo” su cui si focalizza Ventura non è più l’attimo cristallizzato, ma è un tempo cronologico. Ispirandosi a una foto di Saul Steinberg, Ventura ritrae se stesso mentre tiene per mano suo figlio Primo in tre momenti diversi. Nel passaggio dal primo al terzo stadio Ventura rimpicciolisce accanto a suo figlio, mettendo in atto così la riflessione cui voleva giungere: “quanta parte di te bambino riesci a tenere con te crescendo, e quanta scompare nel diventare adulto? Un lavoro empatico, immediato e che fa sorridere soprattutto per la componente di gioco/magia. Paolo Ventura – Homage à Saul Steinberg Ci sono anche momenti in cui il tempo viene “rotto”, o meglio è frantumato, sia nella sua componente cronologica che esperenziale, come accade nelle calamità naturali, ad esempio un terremoto. Ecco perché la città dell’Aquila colpita dal sisma nel 2009 si presenta in ben due lavori, di diversa natura. Nel primo, Fabio Barile sovrappone agli scatti fotografici del paesaggio i disegni tecnici del geologo Antonio Moretti. Le linee di diversi colori appaiono come le forze occulte che vanno ad agire, modificandolo per sempre, sul panorama. Nel secondo lavoro dedicato all’Aquila, i due fotografi Giovanni Cocco e Caterina Serra affrontano il “displacement”, la perdita del luogo degli abitanti del capoluogo abruzzese. Il loro centro, inteso come agorà o il foro nell’Antichità, non è più in città ma in un non-luogo per eccellenza, la piazza di un centro commerciale. L’accostamento delle immagini ai testi rende perfettamente il senso di straniamento e perdita d’identità dei luoghi e, con essi, delle persone. Paul Graham – The Present Cambiamo paese e finiamo in America con la mostra personale di Paul Graham. Quest’ultimo scatta serie da due immagini con lo stesso sfondo, una strada statunitense con negozi, insegne e traffico cittadino. Apparentemente uguali le foto si distinguono per un centro diverso. Pochi secondi prima una donna piange, qualche secondo dopo una coppia passeggia. Le città fanno da scenario a una miriade di stati d’animo. Spesso non c’è neanche modo (o forse voglia) di trovarsi un riparo personale dove poter esprimere le proprie emozioni. Queste durano un attimo e si disperdono in quelle delle persone che si succederanno a noi. Tra i lavori della Commissione Roma merita sicuramente un cenno la presenza di Paolo Pellegrin con “Sevla”. Il fotografo romano, erede contemporaneo di Henri Cartier-Bresson e membro della prestigiosa “Magnum Photos”, cerca l’umanità che la sua città, dove ritorna dopo aver lavorato su conflitti mondiali, sembra aver smarrito. La trova in periferia, lontano dal centro, in una famiglia rom. L’umanità e gli sguardi che la famiglia rom ci restituisce è qualcosa che resta dentro il visitatore. Il fotografo è con loro, e noi, attraverso i suoi scatti, siamo dentro quel giardino estivo dove il caldo è soffocante e la famiglia resta l’unico vero legame. My family is my life, citando il tatuaggio di uno dei soggetti in posa.