Il 7 giugno alle ore 19.00, presso la sede dell’Associazione Culturale SMMAVE-Centro per l’Arte Contemporanea (chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini), inaugura Epifanie, la mostra-installazione risultato della seconda edizione del “laboratorio irregolare” di Antonio Biasiucci. Gli otto giovani fotografi del Lab 02 espongono i loro portfoli, che comprendono circa 150 opere fotografiche. La mostra si svolgerà nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia, diretto da Ruggero Cappuccio. Il progetto, inoltre, ha ricevuto il Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee. Articolo di Giuseppe Spena. Lab/per un laboratorio irregolare nasce nel 2012, da un’idea di Antonio Biasiucci, per rispondere all’esigenza di creare un percorso per giovani artisti, in cui trasmettere un metodo di costante approfondimento e critica del proprio lavoro. Il progetto consiste nell’applicazione alla fotografia di un particolare tipo di training artistico, nato nell’ambito della sperimentazione teatrale di Antonio Neiwiller, attore e regista scomparso prematuramente circa venti anni fa, maestro e amico di Antonio Biasiucci. Questa metodica utilizza la pratica artistica come uno strumento di autoriflessione. Attraverso un percorso basato anche sul confronto costante con gli altri, permette al soggetto/artista di far emergere gli elementi peculiari della sua interiorità, che, gradualmente, diverranno centrali anche nella sua ricerca e nel suo lavoro. Quello che accomuna l’esperienza degli otto giovani fotografi, attraverso i due anni del laboratorio, è proprio la possibilità di scoprire ciò che li coinvolge in maniera intima, indipendentemente da suggestioni superficiali. Il titolo stesso della mostra, Epifanie, fa riferimento a questa impostazione concepita da Antonio Neiwiller ed è tratto da una frase di Leo de Berardinis (altra figura centrale nella sperimentazione teatrale ed artistica degli ultimi quarant’anni): “Il laboratorio di Antonio Neiwiller [e quindi quello di Biasiucci] è lo stimolo a solleticare corde interne del pensiero e dell’emozione, affinché diventino epifanie pure e scarnificate”. Ecco, dunque, che il risultato del laboratorio irregolare consiste proprio in otto “epifanie”, otto ricerche, accomunate dallo stesso metodo, ma allo stesso tempo estremamente peculiari nel contenuto e nella forma. Sanità – Ciro Battiloro Il lavoro di Ciro Battiloro si occupa di una realtà sociale complessa come quella del quartiere Sanità, senza mai cadere in facili stereotipi. Ritratti, rapporti interpersonali, storie di vita, delineati con grande semplicità e tatto, in cui la fotografia si pone come pratica nobile, anche sul piano antropologico. In Sanità l’uso dell’analogico non è un puro vezzo tecnico; la gradualità del procedimento permette all’autore di meditare su situazioni e atmosfere, di indugiare in esse e fare in modo che il suo punto di vista non sia mai altero o distante. Anche se, a un primo sguardo, il taglio del lavoro di Battiloro potrebbe apparire di tipo tendenzialmente realistico, nella descrizione di certi aspetti culturali emergono istanze metafisiche e surreali. Inverso – Ivana Fabbricino Ivana Fabbricino inscrive la sua ricerca nell’ambito dell’autoritratto. Un tipo di autoritratto, però, del tutto peculiare e unico nel suo genere. L’artista spinge al limite le possibilità espressive del proprio corpo fino a farne una sorta di manichino surrealista. Tutto l’armamentario di cui generalmente si servono i vari linguaggi artistici per produrre senso – linea, forma, contrasti chiaroscurali – viene trasposto sul piano comunicativo della body art. Notevoli sono le implicazioni psichiche e sociali. La ricerca della Fabbricino travalica i limiti stessi della fotografia e lambisce i territori del rituale e della performance. Villa Monteturli – Valentina De Rosa Il lavoro di Valentina De Rosa rivolge lo sguardo verso una realtà, quella della disabilità grave, che, in un contesto sociale improntato all’efficienza (anche) dei corpi, viene spesso rimossa. Va sottolineato, però, come anche le soluzioni formali elaborate ed utilizzate dalla De Rosa siano particolarmente felici e meritevoli. Vi è, innanzitutto, nel suo lavoro il recupero della dimensione individuale. Ogni Persona, pur nell’estrema condizione di difficoltà, è dotata di una sua peculiarità stilistica ed estetica. Per la De Rosa il momento di scattare, il set, è un puro istante di vita vissuta, è l’occasione di un incontro. Prova di ciò è l’uso quasi terapeutico del colore, secondo una concezione artistica che può essere fatta risalire fino a Kandinskij. Lasciare libero il passo, anche di notte – Pasquale Autiero Vagabondo del dharma, personalità artistica a cavallo tra punk e dandy, il lavoro di Pasquale Autiero è animato da una necessità spasmodica di scoperta e dinamismo. Le tracce del suo incedere vorticoso restano impresse sulla pellicola, divengono tracce dell’enunciazione, restituendo una visione marcatamente soggettiva, ai limiti dell’espressionismo, quasi come in un film di Stan Brakhage. Gli scatti di Pasquale Autiero possono essere talora anarchici ed irriverenti, dotati di grande entropia; altre volte trasudano lirismo, senso del perturbante e dell’enigma. Mònos – Vincenzo Pagliuca Il soggetto del lavoro di Vincenzo Pagliuca sono le case isolate immerse nel contesto naturale dell’Appennino meridionale. Si tratta di edifici caratterizzati da architetture casuali, poco ricercate. Eppure, fotografati in particolari condizioni di luce, nei mesi invernali e prima del sorgere del sole, assumono una qualità scultorea e metafisica. Il lavoro di Vincenzo Pagliuca costituisce una riflessione sulle capacità della fotografia di generare dinamiche comunicative, di decontestualizzare e ricontestualizzare, attraverso le sue pratiche specifiche. Interno – Valerio Polici La ricerca di Valerio Polici ha una forte impronta psicanalitica ed esoterica. I diversi scatti che compongono il suo progetto, pur ritraendo luoghi e situazioni distanti tra loro, sembrano ricomporre un misterioso mosaico interiore. Atmosfere e segni che si ricollegano a un passato ancestrale, sono immersi in una luce che ricorda certa pittura seicentesca. I suoi ritratti hanno tutta la forza perturbante di antichi dipinti e i suoi interni sono in fondo anch’essi dei ritratti, evocando assenze o presenze. Forse un mattino – Maurizio Esposito Il lavoro di Maurizio Esposito consiste in una raffinata ricerca sulle dinamiche della visione in ambito fotografico. Attraverso un gioco di rimandi tra il punto di vista esterno e quello interno alla foto, viene messo in discussione lo statuto stesso dell’immagine fotografica. Ciò che osserviamo è reale? O si tratta di un apparato scenografico? O, ancora, è il frutto di un lavoro di post-produzione? Quello che conta non è trovare delle risposte più o meno plausibili a queste domande, ma il fatto che, in contesto culturale in cui siamo abituati a considerare le immagini come rispecchiamento tout court del reale, il lavoro di Maurizio Esposito ci restituisce la consapevolezza della condizione di instabilità intrinseca della fotografia. Hic et nunc – Vincenzo Russo Vincenzo Russo indaga il tema dell’aura e della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte attraverso una ricerca svolta tra le fabbriche che riproducono statue classiche. La forma riprodotta in maniera seriale e la disposizione delle statue nello spazio determinata anche dalle necessità produttive, generano effetti compositivi inconsueti e inaspettati. La fabbrica diviene un nuovo luogo metafisico. Anche i materiali tipici delle strutture industriali – i cementi, gli oggetti in metallo, le vernici – assumono negli scatti di Vincenzo Russo una nuova connotazione pittorica. Info mostra “EPIFANIE” – seconda edizione del “laboratorio irregolare” di Antonio Biasiucci, Chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini (Via Fuori Porta San Gennaro, 15) sede dell’Associazione Culturale SMMAVE-Centro per l’Arte Contemporanea Gli otto giovani artisti del LAB 02: Pasquale Autiero, Ciro Battiloro, Valentina De Rosa, Maurizio Esposito, Ivana Fabbricino, Vincenzo Pagliuca, Valerio Polici e Vincenzo Russo La mostra si svolgerà nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia, diretto da Ruggero Cappuccio e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival, che ha adottato il progetto. Inoltre ha ricevuto il Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee. fino al 30 luglio 2017 Inaugurazione a Roma: 14 giugno 2017, Galleria del Cembalo (Largo Fontanella di Borghese 19, Roma) fino al 20 settembre 2017