Stato è quella sommatoria di cittadini che, volontariamente o tramite prelievo fiscale, direttamente o tramite le istituzioni, intervengono sui beni pubblici per realizzarli, migliorarli, mantenerli o rinnovarli. Siamo tutti innocenti a Napoli, non solo il ragazzo ucciso dai calcinacci della galleria, né i tubi del post-terremoto che ancora invadono la volta che congiunge tortuosi vicoli alla rinnovata metropolitana a piazza Borsa (denominata, topograficamente, piazza Bovio); neanche soli i giovani universitari con poche chance di restare a lavorare in Italia, né i ragazzi di strada che preferiscono non studiare per mantenere un’aria da duri, l’unica che li salverà da un contesto sociale ostile; neppure solo i ragazzi di quarant’anni, che ancora regrediscono con la cannabis o con l’alcol, né pertanto le istituzioni che hanno ignorato questo evento. Mercoledì sera a Napoli, disconosciuto dalla stampa moralista urbana, turbata dal riferimento diretto ad una donna che “piscia”, si è svolto nel vicoletto 2° San Giovanni Maggiore Pignatelli una complessa kermesse, un open art-work davvero spettacolare che ha inaugurato la galleria a cielo aperto Kestè Gàllerija. Se la pioggia estrema del 22 luglio aveva ridotto le possibilità di pulizia e partecipazione alla prima fase dell’iniziativa, voluta da Fabrizio Caliendo del Kestè, per riqualificare un vicolo oscuro del Pendino, il giorno 23 fin dalle 16 operosi e aitanti giovani hanno ripulito e potato le aiuole, mentre artisti da strada, dalle orecchie infibulate da cerchi tribali sempre più vasti, hanno imbiancato e poi arredato a tema l’intera area. Dal vico del “piscio” come era soprannominata l’area, a vicolo della Pace, per l’assonanza in inglese tra piss e peace! Sulla parete lasciata libera hanno esposto numerosi quadri, come bandiere nella notte, illuminate puntualmente da faretti montati mentre si esibivano musicisti e perfomer da strada. Dopo mezzanotte l’area era già vuota, attratta dal giardinetto nel Largo omonimo, vicino ai noti locali notturni, ma in verità il popolo di giovani che li alberga usualmente non si è mai mosso dalle panchine arredate, lasciando vuoto lo spazio intermedio davanti alle chiese. La mattina gli studenti dell’Univerità Orientale potranno sorprendersi della lunga parete imbiancata e di quelle già rinnovate con murales coloratissimi. Non troveranno invece le bandiere della colpa e dell’orgoglio, una stella di Davide con i colori della Palestina, una egiziana e quella americana. Sono state una base intellettuale importante, ma fragile come la Pace alle intemperie, come i numerosi riferimenti alla parità di orientamento sessuale, nel nostro Paese che è ancora in guerra con i gay. Le opere astratte o i divertissements a tema non sono mancati, sempre rigorosi sul tema della Pace. L’opera più interessante è stata quella che ha spontaneamente coinvolto alcuni scugnizzi del luogo a dipingere con la artista tatuata un riquadro di piperno, antica finestra di chissà quale locale interrato e murato. Forse sono proprio loro ad essersi rinnovati questa sera, scoprendo di non essere più solo innocenti o perduti, ma di avere in sé delle capacità e una sensibilità, che potrebbero essere una base utile per il loro e quindi per il nostro futuro, umano, sociale e artistico. Foto di Alessandra Bonolis, guarda tutta la fotogallery.