Roma è una città che visito spesso perché la scena della street art è molto interessante e attiva. Nonostante le numerose iniziative che trasformano interi quartieri – o almeno ci provano – in musei a cielo aperto e sebbene a volte i risultati siano davvero stupefacenti, resto pur sempre appassionata a quell’arte totalmente libera e pienamente espressiva, che ti spinge a scrutare ogni punto, anche quello più nascosto. Diventa più difficile farlo quando la città non ti appartiene, ma il senso di soddisfazione resta il medesimo.
La street art di Roma è ben diversa da quella napoletana per un fattore essenziale: le dimensioni. A Roma tutto sembra essere lievitato e in larghezza e in lunghezza, come suggerisce forse la stessa architettura della città. Questo non vuol dire che a Roma non possa trovarsi la piccola e preziosa Alice Pasquini su una porzione di superficie nascosta chissà dove; ma accanto a questo troveremo anche un muro di enormi dimensioni che, più che un pugno per gli occhi, si trasforma in una grande carezza.

Carlos Atoche, Tre Volti Rinascimentali, pittura lavabile su muro, 10 x 32 m (1)

Carlos Atoche, Tre Volti Rinascimentali, pittura lavabile su muro, 10 x 32 m

Ho provato questa sensazione quando, in una delle mie ultime visite, ho visto ancora una volta il lavoro realizzato da Blu in via del Porto Fluviale e, con mia grande sorpresa, ho trovato un lavoro (ancora incompleto) di Carlos Atoche.
Di Carlos mi piace quel senso di delicatezza e di acerbezza che mi porta non so dove, ma sicuramente in un posto dove mi sento sempre bambina. Perché quella condotta apparentemente immatura cela dietro di sé una nobiltà del tratto che pochissimi artisti riescono ancora a trasmettere, soprattutto se si tratta di street art.

Musicista (particolare) -  via Casilina Roma

Musicista (particolare) – via Casilina Roma

Carlos Atoche è nato a Lima, in Perù, e si è trasferito a Roma nel 2003 per iscriversi al corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti. Ha iniziato a fare street art nel 2010, dopo aver realizzato un lavoro sulla saracinesca della galleria WhiteCube in seguito a una sua esposizione.

“Mi sono innamorato dei muri solo in fase successiva. La street ti insegna tanto. In me ha cambiato definitivamente il modo di percepire la pittura e di rapportarmi con il mondo. Mi ha fatto scoprire il valore umano dell’arte e mi ha concesso un approccio più personale con lo spettatore. La street art è democratica: l’arte scende dal suo piedistallo concettuale irraggiungibile per dialogare con le persone che, sebbene affermino di non capirla, in fondo ne hanno profondamente bisogno.”

Parliamo del tuo lavoro in via del Porto Fluviale

“È difficile parlare del progetto del Porto Fluviale, perché il lavoro è ancora in fase di elaborazione. Posso parlare di quello che ho vissuto in questi giorni. Dipingere a fianco a un maestro come Blu è stato incredibile e ha cambiato per sempre la mia pittura. La storia, comunque, risale a due anni fa. Durante una residenza a Marina di Ravenna, ho lavorato a una serie di fondali marini abitati da sculture greche. Quando ho visto la barca di Blu (in via del Porto Fluviale, ndr), ho subito considerato la possibilità di dipingere sculture in fondo al mare. Ho invitato il messicano Alvarez a collaborare al progetto, per completare la seconda parte di muro sulla via Ostiense, che si collega con il sottopassaggio.”

In questo e in altri lavori ci sono sempre costanti riferimenti alla storia dell’arte. Qual è il tuo rapporto con quella classica e moderna?

Acquario, 8 x 20 m Pineto - Roma

Acquario, 8 x 20 m Pigneto – Roma

“Gli studi dell’Accademia (che frequentavo molto poco) andavano in parallelo con il confronto con la città e con le cose che essa ti offriva: meravigliose architetture di diverse epoche e stili, mostre eccezionali, e poi grandi amicizie. Il fatto che le sculture classiche popolino i miei lavori è dovuto senz’altro a questo legame con Roma. Iniziai così lentamente anche lo studio sull’arte rinascimentale che poi sarebbe definitivamente sbocciato nella tesi di laurea sulla Monnalisa; il Rinascimento mi ha portato allo studio della cultura greca. I miei legami con la cultura antica rispondono, però, anche al mio luogo di provenienza: il Perù. La sua cultura millenaria fa parte del mio immaginario sin da bambino.”

E il tuo rapporto con l’arte contemporanea?

“Non sono sicuro di conoscere abbastanza l’arte contemporanea, sebbene a volte mi sembra che pecchi di spettacolarità. Sono stato alla Biennale di Venezia per la prima volta a 20 anni e sono rimasto deluso. Forse ero giovane e tante cose, devo ammetterlo, allora non le capivo. Però la mia esperienza berlinese mi ha aperto la strada ad altri linguaggi artistici, come l’installazione. Nel Guggenhein di Berlino sono rimasto colpito da una installazione del messicano Gabriel Orozco. Ho avuto poi, l’opportunità di visitare l’ultima edizione di Documenta a Kassel; ho visto tante idee interessanti e poca pittura. Ho notato come la pubblicità e i cartoni animati hanno fortemente influenzato l’arte contemporanea. Suppongo che c’è anche un po’ di questa estetica dentro il mio lavoro”.

il Gatto di Velazquez

il Gatto di Velazquez

Se ho scelto di intervistare Carlos non è di certo un caso. Qui a Napoli c’è un suo lavoro ed è dedicato a Totò. Mi sono incuriosita e gli ho chiesto di parlarmi della sua visita nella nostra città, ma soprattutto del motivo per il quale ha scelto di realizzare un omaggio al Principe.

“L’opera Ritratto di Totò a Napoli è significativa nel mio percorso sulla strada, perché rappresenta il primo lavoro realizzato fuori Roma. Avevo già lavorato per le strade di Berlino, soprattutto sulle saracinesche. Ritratto di Totò, invece, è quello che inaugura la serie di murales nelle città d’Italia. La storia è questa: uscendo dalla stazione, insieme a una mia collaboratrice, abbiamo fermato un signore per chiedere informazioni sulla città. Lui non solo ci ha indicato il percorso, ma ci ha accompagnato per un tratto di strada. Nelle diverse storie che ci raccontava su Napoli, ci parlò anche di Totò che chiamò Il Principe, mentre era visibilmente emozionato. Ci raccontava quello che faceva per le persone nei quartieri popolari della città. Abbiamo fatto ancora un po’ di strada insieme e poi ci siamo fermati a un bar per prendere un caffè. Il barista che mi vide con lo zaino pieno di bombolette mi disse a modo di battuta: Tu dipingi vero? C’è lo fai un bel cornetto sulla serranda? Io risposi senza pensare due volte: In realtà volevo fare un ritratto di Totò. Il proprietario del bar, che dalla cassa ci aveva sentito, mi chiamò e mi fece leggere un articolo di giornale. L’articolo raccontava la storia del Bar Perù, il bar frequentato da Totò. Dopo il proprietario aggiunse: Mia figlia lavora là. E fu cosi che trovai un muro per realizzare il mio omaggio a Totò, o meglio detto, fu cosi che il muro trovò me”.

Cosa credi e speri di comunicare con la tua arte?

Il pittore comunica quello che scopre ogni giorno. La mia è una ricerca intimistica. Una terapia. Un foglio di un diario su cui scrivo ciò che penso. Cerco con essa una risposta alla mia esistenza. La gente molto spesso si avvicina quando sono al lavoro e mi domanda: Che cosa vuoi dire con la tua opera? Io spiego che ognuno ha la libertà di interpretare a modo suo, che non c’è un significato vero e proprio se non quello che ciascuno vuole dare, e che anche loro sono liberi di creare. Voglio credere che l’artista sia come una specie di sciamano. Nelle culture precolombiane lo sciamano era colui che collegava i due mondi, quello sensibile e quello tangibile, per guarire i problemi della comunità. Forse oggi la pittura può sperare di umanizzare le persone? Non lo so. Per umanizzare, intendo portare l’individuo a essere consapevole della propria essenza creativa. In un mondo di disinformazione e controllo mediatico, a mio parere, l’artista ha l’obbligo di risvegliare coscienze, di far pensare i bambini. Questo è diventata la street art per me.”

 

A Lima, il sindaco ha deciso di eliminare tutti i murales presenti in città. Molte volte queste notizie non circolano abbastanza in rete. Ci informeresti su quello che sta accadendo nella tua città natale?

“L’attuale sindaco di Lima, Luis Castañeda Lossio, ha deciso che di cancellare i murales presenti in città e, dichiarando di fare pulizia, sta coprendo con della pittura gialla (giallo come la bandiera del partito a cui fa capo) qualunque lavoro presente sui muri. Questa decisione è collegata alla sua sciatteria culturale e anche alla cancellazione di diversi festival e iniziative artistiche nella città. Come risposta gli artisti di Lima e di tutto il Perù, ma anche la cittadinanza, hanno aderito all’iniziativa Borraron Uno Pintaremos Mil (“Cancellarono Uno Dipingeremo Mille”), che intende riavviare la realizzazione dei murales nelle diverse città del Paese. Così come in Italia si riducono le ore di storia dell’arte nelle scuole medie e licei, l’atto commesso dal sindaco Castañeda è un attentato alla cultura, e genera un danno irreparabile alla cultura di un Paese povero, che spesso non ha l’interesse a imparare perché soffre molto la fame. Per la serie: un popolo ignorante è più facile da governare.”

 

Monna Scimmia, aerorafia su serranda, San Lorenzo - Roma

Monna Scimmia, aerorafia su serranda, San Lorenzo – Roma

A Roma nel 2010 hai fondato insieme ad alcuni colleghi dell’Accademia Studio Sotteraneo nello storico quartiere del Pigneto. Parlaci di questo interessante progetto.

“Lo Studio Sotterraneo è il luogo dove lavoro qui a Roma insieme a altri sei pittori: Alvarez, Arduini, Campese, Cutrone, Farinacci e Russo, quasi tutti coetanei. Lì non solo le nostre pitture si contaminano, ma è soprattutto il luogo dove ci riuniamo e parliamo di noi, delle nostre vite. Si discute anche sull’arte contemporanea, sulla funzione dell’artista oggi o il valore dell’opera d’arte. Abbiamo dato vita a diversi progetti: con Alvarez e Russo, ho realizzato il progetto Il Cubo Nero, installazione pittorica. Con Alvarez, Campese e Russo, abbiamo dipinto a otto mani La Fiesta del Mar all’interno dell’ex Cinema Volturno; è stato il primo lavoro a inaugurare la Street Gallery di Roma, oggi purtroppo distrutta a causa della speculazione edilizia che incombe sulla città. Poi, ancora, con Alvarez, Arduini, Campese, Russo e Farinacci abbiamo affrescato l’interno di uno stabile nella città di Barcellona: il murales si intitola L’Uomo della Tromba. È una bella squadra e sono contento di averla al mio fianco.”

Carlos è anche amante della scultura e proprio l’anno scorso ha vinto il primo premio con il progetto Annunciazione (d’apres Donatello) per una residenza a San Piero a Sieve e la realizzazione di una scultura pubblica. In merito a quest’arte e al progetto Carlos ha scrittto:

“La mia passione per la scultura nasce sin da bambino: mio padre era uno scultore di legno e da piccolo rimanevo per lungo tempo a guardare come scolpiva pazientemente le sue maschere in legno. Più tardi frequentai per quasi tre anni una scuola di ceramica e sebbene negli anni a seguire il disegno e la pittura hanno avuto un maggior protagonismo nella mia ricerca artistica, ho sviluppato in modo parallelo la scultura, che mi ha aiutato a capire e plasmare in modo più chiaro gli elementi nello spazio bidimensionale della pittura. L’idea del progetto L’Annunciazione nacque quando mi recai a Firenze per vedere la mostra del Pontormo. Nel cammino di ritorno alla stazione mi fermai in una chiesa e trovai una splendida opera del Donatello: l’Annunciazione, fatta in pietra Serena con decorazioni in oro. Vidi anche in diversi palazzi e case l’utilizzo di questa pietra e mi proposi di lavorare con la pietra Serena in un futuro prossimo.”

Qualche giorno fa Carlos mi ha inoltrato un invito per la sua personale che si terrà dal prossimo 28 maggio al prossimo 6 giugno presso gli spazi di Studio Sotterrano. Di rimando invito anche tutti voi, e vi consiglio di cercarlo tra le strade di Roma.

”Pasticci Rinascimentali” , Carlos Atoche
Studio Sotteranneo, Via Capitan Ottobono 5, zona Pigneto, Roma
https://www.facebook.com/StudioSotterraneo