‘L’ultimo orgoglio d’un italia perduta.’
Frase pericolosa, che fu citata anche per il comico Vianello.
‘A me piace Burri, innanzitutto perchè è Burri.’

Dietro queste frasi, apparentemente innocenti, lo stesso autore, oggi rappresentato a Gaeta, dove nacque il curatore della mostra Antonio Sapone, inizia il lungo video di introduzione alla propria opera e alla propria carriera, rinunciando al colore, come nella maggioranza dei suoi quadri.

“Fu soldato e prigioniero di guerra, deportato negli Usa, dove iniziò la sua opera materica e astratta.’ Me lo introduce invece così, sotto l’ombrellone, un mio amico, il cui padre dentista, appassionato d’arte contemporanea, provò a barattare col suo lavoro l’autenticazione di una serigrafia, che andava a completare una personale collezione di artisti contemporanei.

‘Soldato di una guerra perduta’, ripete la prosa di Leonardo Sinisgalli, anch’essa citata nel video, dopo aver passato in rivista tutti gli innovativi strumenti di lavoro di Burri, come in parata militare austera e severa.

Le opere sono al muro, come soldati fedeli, a centinaia, divise in squadroni, spiegate nel dettaglio da pannelli educativi, in quattordici sale e corridoi, che si alternano, astratti anche loro, a vedute mozzafiato e inusuali del tramonto sul borgo antico, dalle montagne ai castelli, dal golfo sereno al cielo infuocato.

Questo museo è una conquista di questo millennio, innovativo negli orari d’apertura, dalle 18 alle 22, che garantiscono anche i turisti più distratti, ma le strade per raggiungerlo son quelle antiche, scalinate impervie, incise dagli angioini nella naturale valle di monte Orlando.

Le opere, designate e premiate spesso come operazioni di ‘grafica’, ci introducono al difficile mondo delle astrazioni, dove gli strumenti, la tecnica o il disegno, sono a disposizione di ogni interpretazione, che verrebbe anche oggi sconfessata dall’autore, interessato spesso davvero solo alla trama della pelle innaturale delle sue opere.

Lo sguardo si perde nel bianco, nell’oro, nel nero, nelle linee nette come nelle frange misteriose dei materiali o delle loro rappresentazioni, costringendoci a vedere altro, come sorpresi in paesaggi postatomici dalla rinascita lenta della ricerca del senso e dell’estetica.

Tutto brucia, tutto è corrotto o corruttibile e la realtà è più gretta delle squame o delle rughe di queste opere che vi invitiamo a cercare entro la fine di ottobre.


 

VISITA A BURRI
di Leonardo Sinisgalli

Nello stanzone semisepolto della Salaria Burri ci
aspetta coi suoi vivi occhi di gatto, in maglietta.
Vive come un barbone, un mentecatto nascosto
dalle ortiche. Sugli spigoli dei muri spara contro due
lastre di piombo a contatto o squarcia il fondo di
una bottiglia. Appese alle pareti lacere bandiere, vedove gramaglie, fetide culottes, nastrini di medaglie. Ha un bidone di bitume nella stanza, sacchi di gesso, aghi, aghicelle, pennellesse. Soldato di una guerra perduta non fischia, non canta. Cuce,
brucia.

 

 

Articolo di Manlio Converti

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