Le seduzioni barocche di Andrea de Carvalho Giordano Mare Aldo Saulino 9 Marzo 2015 News Si è chiusa il 28 Febbraio a Sorrento la personale di Andrea de Carvalho, Seduzione barocca, alla Wonderwall Art Gallery. Ideata, progettata e allestita dall’affiatato terzetto di curatrici Manuela Esposito (direttrice della stessa galleria), Caterina Ianni e Federica Barile (curatrice anche della mostra fotografica di Marco de Gaetano, ancora in auge presso la Mediterranea di via Carlo De Cesare a Napoli), è stata inaugurata il 30 Novembre scorso e più volte prorogata per sfruttare al meglio la forte partecipazione di visitatori e turisti durante il periodo natalizio. Personalmente, mi chiedo se mi entusiasmi l’arte di Andrea De Carvalho. Le opere scelte e diligentemente esposte da Esposito, Ianni e Barile in condizioni davvero perfette riguardo la luminosità e la gestione degli spazi sono senza dubbio esotiche e divertenti, ma non mi dicono qualcosa di me stesso, della vita, del mondo che mi circonda o dei massimi sistemi, né sembra averne la pretesa. «Il senso? Ma quale senso? Io non lo so, lo faccio», è un aforisma che le attribuisce nel catalogo della mostra, l’importante giornalista e critica d’arte argentina Elke Salas Rossenbach, e verrebbe quasi da prenderla in parola. In realtà, ci sono molto lavoro e molto amore nelle opere di Andrea de Carvalho, allieva del pittore italo–brasiliano Gaetano Miani, dal quale ha preso un lussureggiante senso estetico e il rispetto per la dimensione artigianale e “manifattiva” dell’arte. Studiosa di moda nella prima gioventù, tra Parigi e la nativa San Paolo in Brasile, si accosta alla pittura nel 1989 e, trasferitasi in Umbria, alla ceramica dal 1991. Sviluppando una notevole maestria nella difficile tecnica del “triplo fuoco” (che ha reso celebre nel mondo la ceramica di Faenza), si è messa in luce nel tempo come una degli artisti di riferimento in Italia per la ceramica e per l’utilizzo di materiali “poveri”, tanto da guadagnarsi la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2011. Diverse delle opere esposte in quell’occasione sono state recuperate ed esposte durante la kermesse sorrentina. Questa donna sensuale e appassionata racconta, in effetti, molto di se stessa nei lampadari sprigionanti sabbia e vento, nei cuori scagliosi dalle granate endocardiache, nelle curiose proposte per scarpe, nelle gambe femminili di legno, calzate, riverse e svolazzanti (la cui chiacchieratissima esposizione sulla loggia di Casa Martini a Venezia nel 2011 è un’operazione veramente geniale: in essa c’è tutto lo spirito delle antiche matrone gaudenti della Serenissima, come Cecilia Trono Zeno, quella che “la Trona, la Mona, la Dona”), nelle inedite statuine di ceramica traslucida di coppie che fanno all’amore – un sesso d’oro, d’argento e carbone: le tinte utilizzate. I suoi ready made sono composti da miriadi di materiali diversi, ferri (perché Andrea de Carvalho è lavoratrice), specchietti dalle forme bizzarre (perché Andrea de Carvalho è una donna), ciondoli colorati di ceramica traslucida (perché Andrea de Carvalho nasce nella terra degli Orixàs e del Candomblé), reti da pesca (perché Andrea de Carvalho è stata adottata dal Mediterraneo), intessuti insieme a rappresentare, forse più che altro, il suo animo esotico e colorato, vivace ed estroverso, complesso e stratificato, vulcanico e polivalente, gioioso e sensuale. Chi si riconosce, può amarla. Chi no, può comunque divertirsi. Spesso protagonista di varie mostre in Umbria, a Roma e nell’Italia settentrionale, mai Andrea de Carvalho aveva esposto a sud del Tevere, nonostante il grande amore che pare nutrire per lei Achille Bonito Oliva – uno a cui piace tanto quando i colori esplodono – che l’ha chiamata già due volte a esporre le proprie opere alla Biennale di Malindi, in Kenya, da lui curata. Il fatto che abbia scelto proprio Sorrento come prima sede per un’esposizione nel Mezzogiorno è solo l’ultimo dei grandi meriti della galleria Wonderwall Art Gallery, dopo le mostre di Stefan Anton Reck, di Ludovica Bastianini e le retrospettive sull’arte napoletana dal secondo Ottocento a oggi.