Articolo di Marcello Francolini.

Le ibride alterità della natura è il titolo della mostra di Davide Coltro, curata da Massimo Sgroi, nella Galleria Spazio Nea. L’artista è l’inventore del quadro elettronico, un nuovo medium artistico, per la cui realizzazione si avvale di tecnologia e formule matematiche.

Nella sua ricerca ontologica su questo mezzo espressivo egli ha ben chiaro che lo sfondamento del limite non porta necessariamente ad una nuova metafisica, anzi, oltre questo stesso limite, non c’è nulla che già non sia presente all’interno del nèfesh.

In queste poche righe, Massimo Sgroi sintetizza l’essenza dell’artista, ponendo il punto su un elemento fondamentale per ricostruire il senso di questa pittura, e cioè che essa si dispone per l’uomo, affinché riscopra se stesso.

Davide Coltro, medium colour landscape
Quale sarebbe questa identità dell’uomo, Sgroi lo indica nel termine nèfesh: nella lingua ebraica la parola nèfesh è usata per definire l’essere umano. Già con questo significato appare per la prima volta nella Bibbia, riferita all’uomo: “Dio il Signore formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne nèfesh vivente” (Gn 2:7). La sfera semantica si richiama quindi non propriamente al corporeo, ma a tutto ciò che è ancora da formarsi, a quella mancanza che in ogni tempo fa dell’essere un impulso a trascendere. Ma da cosa?
Davide Coltro lo ribadisce con le sue opere, realizzate con la stessa consistenza ontologica del mondo tecnico; non certo per emularlo, ma per sabotarlo, utilizzando le stesse regole del progresso:

l’artista veronese se da un lato cavalca, come un net surfer, l’onda della modalità dei mezzi elettronici, dall’altro mantiene inalterata la sostanza concettuale del mezzo primigenio dell’espressione artistica: la pittura.

Davide Coltro, Medium Colour Landscape 1

Attraversando lo spazio della galleria, lo spettatore è attratto dal nero magnetico dei grandi schermi, dal cui interno un magma elettronico si condensa in successive, per quanto impercettibili, mutazioni di forme. Sembra quasi vedere, dall’interno della sua mente, il processo creativo dell’artista nell’attimo in cui le idee insorgono:

Attraverso tutte le istanze tecnologiche contenute nel quadro elettronico – come ci suggerisce lo stesso artista – possiamo comunicare la pittura a distanza, renderla immateriale e poi ri-materializzarla. Li chiamo terminali artistici remoti: dove il potenziale estetico che immagazzino, lo ricondenso attraverso i quadri.

Rispetto alla precedente esperienza degli artisti programmati, primi a combinare le tradizionali tecniche pittoriche con il mezzo tecnologico, il progetto di Davide Coltro presenta alcune differenze. Mentre in queste esperienze il godimento estetico non consisteva tanto nel riconoscimento finale di una forma, ma nella possibilità di individuare continuamente forme nuove e mai definitive, nel caso Coltro non si tratta di recuperare la pittura quanto la consistenza della forma all’interno di un nuovo concetto di realtà che si dilata oltre l’immateriale, appunto l’immateriale elettronico.

Davide Coltro Spazio Nea1
Niente appare aleatorio, l’iconografia di quest’artista si innesta nel DNA della tradizione pittorica italiana: ritrattistica, natura morta e soprattutto il paesaggio. Ciò si compie però oltre la classica composizione: nello spazio totale, la forma, il colore e la dimensione non hanno senso, perché l’artista ha conquistato la sua integrale libertà e la materia pura diventa pura energia. In questo punto le opere assumono un valore totemico, di mito vivente, senza dispersioni simboliche o descrittive, per essere primarie e dirette, proprio come lo è (anche se oggi non le diamo più peso) la natura che ci è davanti. Seppur attraverso un processo d’ibridazione, la natura diventa allora l’interlocutore di queste opere.

Davide Coltro Spazio Nea

Al paesaggio in sé, come genere, spesso gli artisti hanno guardato come strumento di autorivelazione nei momenti più bui della civiltà occidentale. In questi paesaggi, così simili a quelli passati, percepiamo l’immutato carattere universale della pittura. Qui, tutto il silenzio parla e l’assenza dell’uomo non fa altro che rendere maggiore la presenza all’essere. Alla fine è tutto un gioco psicologico. Questa è la base comune che permette all’arte di immergere le sue radici nell’origine prima di tutti gli uomini e di scoprire i miti primari dell’umanità. Saltare verso l’Ursprung.

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