XDbdF1pUGPIMasbedo: The Lack, note a margine di un lungometraggio “d’artista” Redazione 20 Marzo 2015 News, Video di Diana Gianquitto. Quando il video cresce in film. Ci avevano abituati al mondo in una stanza. A concentrare vissuti emotivi epocali nella densità pregna dei pochi minuti di un video. Ma cosa succede, se una ricerca intensa e condensata, come quella dei Masbedo (Nicolò Massazza – 1973, Milano – e Iacopo Bedogni – 1970, Sarzana), decide di uscire da quella stanza ormai troppo piccola, per esplorare i più ampli orizzonti del lungo formato? Le potenzialità di crescita sono infinite, ma altrettanti i rischi di una diluizione diminutiva. Fotogrammi da The Lack: MASBEDO Italia 201480 min./color/HD/DCP/1:1,85 Ma alla visione di The Lack, presentato al Madre di Napoli in presenza degli artisti e con un introduzione di Alessandro Rabottini, curator-at-large, del direttore artistico Andrea Viliani e della vicepresidente della Fondazione Donnaregina Laura Cherubini, riserve e reticenze cadono immediatamente. Per evitare la trappola di sbrodolare il vissuto artistico del fruitore, gli autori avevano bisogno di potenti viatici, rinvenuti nei tre strumenti di permanenza, agilità e implementazione. Fotogrammi da The Lack: MASBEDO Italia 201480 min./color/HD/DCP/1:1,85 Permanenti e coerentemente conservate in The Lack sono le cifre degli artisti, i paesaggi neo-romanticamente sublimi come esteriorizzazione dell’interiorità dei protagonisti, l’assordante rilievo dei silenzi al pari dei suoni, una specifica sensibilità per il vissuto femminile, la visionarietà onirica, fotografia e luci impeccabili, e quel particolare senso di costante inquietudine, come vi fosse in ogni istante un pericolo strisciante o latente dietro l’angolo, che istilla sempre brividi freddi innanzi ai loro video. Ma questi elementi, virtuosamente mantenuti per non perdere sincerità e personalità, sono saggiamente temperati dall’agilità nell’adattarsi al lungo tempo tramite l’intelligente espediente di articolare il racconto in quattro quadri, garantendo una manovra intermedia capace di far atterrare morbidamente la video arte nella nuova dimensione cinematografica. Senza di essa, l’intensità emotiva nella protratta durata avrebbe forse rischiato di risultare sovrastante, stucchevole, o all’opposto di disperdersi in auto-manierismo banalizzante. Eppure, la divisione porterebbe con sé l’altra possibile trappola della frammentazione. Ed è qui a intervenire la capacità di implementare in coralità, anziché giustapporre in dispersione, la molteplicità di storie. L’esplorazione di diverse variazioni umane dell’abbandono e dell’assenza lega infatti a doppio filo le quattro narrazioni e ne innalza l’insieme in universalità simbolica, implementando in una superiore dimensione corale l’altra abilità tipica dei Masbedo, quella di costruire simboli d’intensa risonanza archetipica e dallo stringente rispecchiamento formale. E allo scopo, nella catena filmica di narrazione per immagini, i momenti di video arte più pura funzionano un po’ come le carrellate sul paesaggio: sono esplicitazione e assolutizzazione dell’emotività dei protagonisti e del portato emotivo simbolico dell’opera tutta. Dimentichi di espedienti e rischi, curiosi ed esperti nella sala del Madre si perdono nella visione in sospeso silenzio, a riprova della bontà di un esperimento capace di far dimenticare la complessità di costruzione nella fluidità del risultato. Evidentemente, da tempo quella stanza espressiva costruita dai pochi minuti di un corto video erano stretti per una ricerca che ha come obiettivo, come gli artisti stessi svelano, un’arte totale. Guarda il Trailer presentato a Venezia per le “Giornate degli Autori”