Venezia a Napoli: Perez, un rapporto padre-figlia oltre i soliti cliché Chiara Reale 29 Settembre 2014 News, Racna Project Questa ultima serata della rassegna cinematografica “Venezia a Napoli” sembra doversi concludere in un’ondata di mondanità. Alla prima di Perez che si terrà al cinema Metropolitan c’è tantissima gente, così tanta che si è dovuta aprire, oltre alla “ufficiale” sala 3, anche un’”ufficiosa” la sala 6. Tutti a vedere il film italiano, e napoletano, di Eduardo De Angelis che ha partecipato a Festival internazionale del Cinema di Venezia quest’anno e che parla di camorra ma anche, e soprattutto direi, di un delicato rapporto padre-figlia. Alla proiezione è presente il regista e tutto il cast: Luca Zingaretti, Marco D’Amore, Simona Tabasco, Giampaolo Fabrizio e Massimiliano Gallo. Perez (Luca Zingaretti) è un avvocato d’ufficio malinconico e inetto. Vive e lavora al centro direzionale. Sua figlia Tea (Simona Tabasco), per uno strano scherzo del destino, si è fidanzata con Francesco (Marco D’Amore), membro di una famigerato clan camorristico. Perez si troverà presto in un brutto guaio, fatto di diamanti, ricatti ed escursioni notturne in allevamenti bufalini e, messo con le spalle al muro, troverà finalmente il coraggio di reagire. Il binomio Zingaretti/ D’Amore funziona bene ma è Simona Tabasco, alla sua prima prova cinematografica, la vera scoperta, interpretando egregiamente il ruolo di ragazzina che maschera con l’aggressività la propria fragilità e incoscienza. Perez supera il rischio di cadere nei soliti cliché grazie a una sceneggiatura mai banale, alla professionalità degli attori, alla fotografia che ci svela inusuali scorci di Napoli centrale e periferica. Ho trovato il film molto interessante, ma non so se in questo caso il mio giudizio possa essere influenzato dall’entusiasmo realmente mostrato dagli attori, visibilmente felici di presentare il film a Napoli, che si sono a lungo fermati dopo la proiezione, quando le sale del cinema Metropolitan stavano quasi chiudendo. Con la rassegna Venezia a Napoli, nel corso di questa settimana abbiamo fatto il giro del mondo: con Perez siamo tornati a Napoli per l’ultima sera, e non potevamo farlo in modo migliore. Scheda tecnica Perez di Eduardo De Angelis (Italia), con Luca Zingaretti, Marco D’Amore, Simona Tabasco, Giampaolo Fabrizio e Massimiliano Gallo. Disquisizioni cinematografiche – Perché amo Dario Argento (di Bernardino Di Palo) Matres Dalla madre di Profondo rosso alle Madri di Suspiria ed Inferno il passo è breve, ed è percorso grazie e con Daria Nicolodi, sua straordinaria musa e compagna di vita fino alla fine degli anni ’80. Esperta conoscitrice della magia e dell’alchimia, la dama fiorentina conduce il maestro del Giallo all’horror, contribuendo alla creazione dei due massimi capolavori del genere. I colori irreali ed accecanti (Tovoli/Albani), i suoni (Goblin/Emerson), gli arredi pomposi e disturbanti, i corridoi infiniti, i sotterranei incantati (in Inferno assistiamo ad una scena in una stanza completamente sommersa d’acqua che assume valenza amniotica) sono i coprotagonisti di questi due speculari percorsi iniziatici. In Suspiria l’orrore ed il Male – personificato da Helena Markos, che solo in Inferno verrà identificata come Mater Suspiriorum – saranno scoperti ed affrontati da una giovane ed algida ballerina americana, attraverso un viaggio onirico nei disegni di Escher, nelle geometrie esasperate, nei luoghi che hanno visto nascere e trionfare il nazismo. Argento è in un momento di grazia assoluta, la genialità lo pervade. La telecamera è ovunque, onnipresente, esattamente come il Male, la cui visione prospettica è soggettiva, “in prima persona”. In Inferno, invece, il Male rappresentato è quello assoluto ed invincibile. Il palazzo dove risiede il protagonista Mark è uno degli strumenti di Mater Tenebrarum – quale massima espressione del Male – per diffondersi ovunque e chiunque. Emblematica è la morte di un inquietante ed ambiguo antiquario, a Central Park, al chiaro della luna piena, ucciso per mano di uno sconosciuto cuoco di un chioschetto nel parco stesso, che dapprima sembra venire in soccorso dell’uomo, ed invece lo uccide barbaramente. Il Male è ovunque: è una lucertola che mangia una farfalla, un gatto un topo, una giovane che s’impicca, Eleonora Giorgi e Gabriele Lavia, che vengono massacrati in casa da una mano guantata a ritmo del Va’ pensiero. Alla fine di questo viaggio tra Roma e New York, pur se vivo, non sarà il vincitore. Il Male è universale, è la Morte, cui nessuno può sottrarsi. Nel finale, in un sorprendente gioco di specchi (ideati dal genio di Mario Bava, primo fondatore del giallo e dell’horror italiano) si rivela agli increduli occhi di Mark la Morte, dalla quale solo temporaneamente potrà sottrarsi grazie all’incendio che divampa nel palazzo. Le fiamme in Alchimia implicano la trasformazione, la scoperta dell’incredibile; alla mancanza di pioggia /acqua purificatrice fa da contrappunto il ghigno della Morte , emblema della sua inevitabile vittoria sull’Uomo, ora e sempre.