Lezioni sul postmoderno: frammentazione Manlio Converti 5 Agosto 2014 Racna Project Eccoci al secondo dialogo sul post-moderno, ovvero la frammentazione. L’artista con il quale confrontarsi è ovviamente Jackson Pollock, le cui immagini astratte colpiscono chi le guarda per la complessità delle stratificazioni e per la frammentazione del subconscio che in esse si proietta o vi si espone. L’autore espone attraverso le sue opere una nuova idea di spazio e di tempo, come evento e come processo, ma questo si scompone sulla tela, attraverso i colori e le pennellate di diversa forma e forza. Il fluire dell’inconscio non è mai lineare e così la mano che guida l’artista, più che la sua razionalità, si esprimono attraverso Pollock, portandoci nel mondo confuso che ci circonda, dove il bene e il male non sono mai stati entità separati e dove trovano una rappresentazione completa – anzi anticipatoria – le matasse delle macerie di guerre che ci circondano o dei rifiuti che noi stessi amministriamo,. Ho scelto per questo le immagini urbane di Victor Enrich e i mosaici di Giorgio Pirrotta. Giorgio Pirrotta, milanese, suddivide i suoi periodi di ispirazione in poetico, filosofico, filatelico, ma fondamentalmente utilizza la materia stampata grafica per realizzare opere emotivamente scomposte, dove è possibile perdersi nei dettagli e rincorrere in un doppio possibile percorso, quello della lettura del dettaglio e quella dell’insieme, o di alcune sue parti, in una continua frammentazione del senso. Victor Enrich usa invece strutture reali più grandi, ovvero i palazzi, ma li trasforma e trasfigura emotivamente, frammentandoli e ricomponendoli, secondo linee geometriche o curve sempre più complesse e improbabili. In questo caso è apparentemente la razionalità a precedere il gesto, nella scelta della modificazione elettronica dell’immagine, ma se guardiamo l’insieme delle sue opere, la loro ricomposizione anche multipla, ci rendiamo conto che anche in questo caso è l’inconscio frammentato dell’artista a prevalere.