Ha preso le mosse al Museo-Frac di Baronissi – con l’inaugurazione lo scorso 7 dicembre della retrospettiva dedicata all’opera di Ugo Marano –  l’articolato calendario di eventi dedicato all’artista di Cetara a tre anni dalla sua scomparsa, immaginato e curato da Massimo Bignardi con la partecipazione di Enrica Marano e di chi scrive (ndr Pasquale Ruocco).

Realizzato con il sostegno della Regione Campania, il progetto ha visto la collaborazione della Scuola di Specializzazione in beni storico artistici dell’Università di Siena, della Soprintendenza per i beni storico, artistici, etnoantropologici delle province di Salerno e Avellino, della Gallerie Mercier&Associés di Parigi e del comune di Cetara.

ugo marano

Si tratta di un percorso che ha interessato più sedi, oltre il museo di Baronissi, quelli della Torre di Cetara e della ceramica a Raito di Vietri sul Mare, ospitato negli spazi di Villa Guariglia e organizzato in modo da riflettere il ritratto di un artista poliedrico, uno dei grandi interpreti della cultura artistica contemporanea, riconosciuto in ambito internazionale come testimoniano le grandi mostre allestite nel 2013 a Parigi e a Firenze e, di recente, le sue presenze alla Triennale di Milano e al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza.
L’esposizione del Museo-Frac è la prima grande retrospettiva dedicata a Ugo Marano, una mostra che si snoda tra gli anni della formazione, quando nel corso della seconda metà degli anni Sessanta tra Roma e Ravenna studia mosaico, specializzandosi nel restauro, e le più recenti riflessioni sullo spazio urbano nel corso degli anni Novanta e Duemila.
Circa settanta opere ne raccontano l’articolato muoversi tra ambiti, linguaggi e modi diversi, mosso da una sfrenata curiosità verso le materie e corrispettive tecniche di manipolazione, nonché dalla necessità di vivificarle, reinterpretarle, rigenerarle per renderle sempre nuove e quindi contemporanee: dal mosaico, che nel corso degli anni ‘80 conduce dalla sacralità del Duomo di Salerno, piuttosto che da quello di Amalfi – che restaurerà agli inizi del decennio – all’interno del suo personale discorso sul design; alla ceramica che, nonostante l’iniziale ritrosia, condurrà a soluzioni di grande modernità ponendolo al centro di un discorso sul valore della comunità, della collettività; quindi alla scultura, che dal disegno, un vero e proprio esercizio quotidiano, si allargherà allo spazio, da quello domestico a quello urbano secondo un’idea di luogo che riconosceva nell’arte un elemento fondante dell’habitat, ossia del paesaggio che l’uomo costruisce attorno a se stesso e nel quale decide di vivere.

Ego Strumento

Ego Strumento

Tra le opere in mostra figurano: Scultura 685, del 1968, appartenente a una serie di opere contraddistinte da tagli in lamiere di acciaio, che poi orientava al fine di ottenere dei corpi segnici leggeri e vibranti, come quelli tracciati nelle Ellisi, disegnati nei primissimi anni Settanta. Ancora gli Arruginibili, piccole sculture immerse in bacinelle d’acqua a decomporsi e il ciclo Ego strumenti, del 1976-78, serie di grandi piatti trasformati in strumenti musicali ispirandosi al tipo del vibrafono. A questi anni appartiene, anche lo Psicocesso, un’installazione del 1978, inquietante, ma al contempo ironico, luogo di confessioni e riflessioni.

Psicocesso

Psicocesso

Al decennio successivo, quando la produzione scultorea vira verso una lettura in senso archetipo del paesaggio domestico, appartengono invece i legni di San Matteo ‘troni’ realizzati nel corso dei restauri del Duomo di Salerno; i mosaici – di tessere, pietre, oggetti recuperati, che riempiono le superfici di tavole e sedie e ancora di quei ‘mobili’, che Dorfles definirà mitici, tra cui Il Mobile povero o napoletano esposto assieme a La Casa di Scheerbart, in occasione della mostra Plexus, allestita presso il Maschio Angioino di Napoli nel 1983. Costante sarà poi l’utilizzo della ceramica, come testimonia la selezione di grandi piatti dipinti tra gli anni Settanta e Duemila. Un percorso quello qui riassunto che si arricchisce di testi, fotografie, degli interventi di Enrico Crispolti e di quanti – raccolti nella monografia edita da Gutenberg Editore nell’ampia antologia della critica – nel tempo hanno incrociato il loro cammino con quello di Marano – da Filiberto Menna a Gianni Pettena, da Gillo Dorfles ad Alessandro Mendini.

2 frac
All’evento del Frac sono seguiti prima quello presso la Torre di Cetara e poi quello presso il Museo della Villa Guariglia di Raito di Vietri sul Mare.
Presso il Museo Torre di Cetara, sede di una collezione dedicata ai pittori della Costiera Amalfitana e di una parte di quel Museo Vivo, che Marano immaginò nel 1971, facendo ‘decorare’ una serie di grandi piatti a personaggi quali Amerigo Tot, Giulio Carlo Argan, Filiberto Menna e Karlheinz Stockhausen, è stata aperta dal 13 fino al 12 gennaio La Stanza della pittura.
L’esposizione presentava una delle parti forse meno conosciute e studiate del lavoro di Marano, quello pittorico, qui indagato attraverso venti opere tra disegni e dipinti che, dagli anni ‘70, con alcuni dipinti del 1968 e le Ellissi in mostra a Roma nella personale alla Galleria Schneider del 1972, giungono al 2000. Tra queste le piccole tele realizzate dall’artista di Cetara per la mostra personale allestita nel 1992 presso la Galleria Dedalo di Milano.

“Il disegno – spiega Bignardi – è il punto di partenza del processo di trascrizione attraverso il quale la mano rende visibile l’immaginazione; la rende visibile come esperienza del proprio essere nella dimensione della “durata”, così come intesa da Bergson. Per Marano, il disegno è un esercizio quotidiano che educa a esprimersi nella libera gestione delle pulsioni, a organizzare la visione e renderla capace di farsi dapprima spazio e poi, come sovente accade nei lavori dei primi anni ‘80, ad acquisire la dimensione esistenziale di ‘luogo’.[…] Le figure dell’uccello/angelo, del pesce, dell’artista, a volte solo sagome, tornano con una certa insistenza nelle tele, oltre un centinaio, eseguite quasi esclusivamente nel 1992, l’anno del suo ritorno a Cetara dopo un lungo soggiorno, con l’intera famiglia, a Livorno, tra il 1989 e il 1991. Le opere raccolte nella Torre di Cetara, presentano colori intensamente luminosi, saturi, posti a registro secondo una tavolozza espressiva, tale da far intendere un particolare interesse per il disegno e per la pittura di Matisse”

 

Antipavimento

Antipavimento

A chiudere Ugo Marano. Il popolo di Dio e altra ceramica, aperta al pubblico lo scorso 14 febbraio, presso il Museo della Ceramica Villa Guariglia di Raito, a Vietri sul Mare, con il sostegno della Provincia di Salerno. Qui si propone una selezionata scelta dell’opera ceramica di Marano con un percorso che prende le mosse dalla poco nota fiaschetta, dipinta dall’artista nel 1968, unitamente all’Antipavimento1, un vero e proprio ‘mare’ mosso da onde di terracotta, e giunge alle installazioni degli anni Settanta e Ottanta, fino agli antipavimenti esposti al Museo Civico Castel Nuovo di Napoli in occasione del’edizione del Maggio dei Monumenti del 1997.

 

Le signore sedie o il popolo di dio

Le signore sedie o il popolo di dio

 

A queste si accompagna un’ampia sezione di quelle Signore sedie che Marano iniziò a produrre sul finire degli anni Settanta e nelle quali, una volta raccolte tutte assieme in ‘piazze’, gli piaceva riconoscere Il popolo di Dio: in mostra sessanta piccole sculture/sedie di terracotta che narrano dei suoi incontri, dei suoi viaggi, delle figure che hanno segnato la sua formazione artistica tesa a evitare ogni paludamento nella tradizione, cioè verso un rinnovamento della ‘lingua’ che, nel suo caso, si dà viva e mutevole.

info mostre

UGO MARANO
SCULTURE, MOSAICI, CERAMICHE DISEGNI, DIPINTI, PERFORMANCES 1965/2011
è stata esposta al FRAC di Baronissi
E-mail: cultura@comune.baronissi.sa.it
archeologandointour@libero.it
Sito Web: www.comune.baronissi.sa.it

Ugo Marano. Il popolo di Dio e altra ceramica
Museo della Ceramica Villa Guarglia
Raito di Vietri sul Mare (Sa)

orari di apertura:
martedì – domenica ore 9.00 /18.30
Lunedì chiuso
ingresso libero

bio dell’artista

Ugo Marano nasce a Capriglia nel 1943 e da sempre risiede a Cetara, sulla Costiera Amalfitana. Frequenta l’Accademia del Disegno presso la Reverenda Fabbrica di San Pietro nella Città del Vaticano a Roma e l’Accademia del Mosaico di Ravenna.
Sin dagli anni di formazione la sua ricerca tende allo stravolgimento radicale del linguaggio per cercare di sviluppare un nuovo codice di lettura del reale e il piatto di terracotta diviene mezzo per una comunicazione collettiva e osmosi sociale. Seguendo la sua idea radical-concettuale nel 1971 crea il progetto “Museo Vivo” facendo nascere, in un piccolo parco nascosto tra gli alberi, un opificio della ceramica basato su una architettura “esistenziale”, luogo che deve essere ricco di “radicalità positiva”. Nell’ambito di questo progetto nasce il sodalizio con Stockhausen, una collaborazione che produce alcune opere notevoli. Nel 1975 è invitato ad esporre alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia nel 1976.

Ugo Marano al museo MIAAO di Torino

Ugo Marano al museo MIAAO di Torino

Nel 1977 viene chiamato a progettare ed eseguire personalmente il restauro dei mosaici del Duomo di Amalfi, della cripta di epoca romana del Duomo di Potenza e del Duomo di Salerno.
Nel 1979 espone alla Triennale di Milano, dove nel 1980 tiene anche una conferenza. Nel 1980 è di nuovo alla Biennale di Venezia (“Il tempo del museo”).
In questi anni nasce il progetto la “Fabbrica Felice”, nel quale studia lo spazio di esistenza dell’uomo nuovo, l’uomo di natura. L’uomo trova nell’interazione con l’oggetto d’arte un rapporto profondo ed inconscio che lo motiva e lo sostiene nella vita quotidiana. Nel 1982 espone al Centre Pompidou di Parigi il suo “Manifeste du livre d’Artiste” e nello stesso anno realizza il primo “antimonumento” in Italia, a Salerno, per i martiri del terrorismo. Nel 1990 espone alla Triennale di Milano e al Groninger Museum in Olanda, dove gli viene riservata una sala personale.
Nel 1991 è alla XVIII Triennale di Milano. Nello stesso anno crea un’associazione di vasai che chiamerà “Vasai di Cetara” con lo scopo di svolgere un lavoro creativo libero da preclusioni accademiche o da schemi dogmatici. Nel 1995 espone a Parigi al Carrousel du Louvre. Nel 1996 progetta e realizza due utopie: la Fontana Felice a Salerno e il Museo Città Creativa a Rufoli. Nel 1997 elabora con l’economista Pasquale Persico progetti per la risemantizzazione dei luoghi della vita dell’uomo e ne realizza alcuni presso il Parco Nazionale del Cilento e il Vallo di Diano, località che sono state dichiarate patrimonio mondiale dell’umanità, composte da cento paesi su un territorio di circa 300.000 ettari. Progetta quattro piazze sulle montagne della Campania con l’intento di unificare la regione. Nasce così il progetto della “Città Moltiplicata”. Successivamente, pienamente convinto della necessità sociale dell’arte, partecipa al Piano Strategico per l’associazione di sei comuni intorno a Copparo, in provincia di Ferrara, con progetti per un territorio di 50.000 ettari. Nasce così il Museo Fabbrica Creativa. Nel 1997 viene invitato ad esporre una personale a Napoli, nella sala Carlo X, nel Maschio Angioino. Nel 2001 seguendo le linee del suo progetto artistico realizza, a Cetara, la Fontana di Napoleone e crea una galleria d’arte contemporanea, la “Piazza della Ceramica”: si tratta di un “pensatoio” che si estende per tre vie della città, una “zona franca di meditazione” in pieno centro cittadino. Nel 2002 espone alla mostra internazionale “I Capolavori”, a Torino e viene chiamato dall’architetto Mendini a realizzare due grandi opere per la metropolitana di Napoli, presso la stazione Salvator Rosa.
Nel 2003, a 60 anni, a seguito della sua ricerca di nuovi linguaggi espressivi gli viene conferito il dottorato e la laurea honoris causa dalla Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Salerno. Nel 2004, in collaborazione con il gruppo STS vince il concorso internazionale per la realizzazione del Parco Dora Spina 3 a Torino e espone in Francia, nella mostra “Mosaïque de design”. Nel 2005 partecipa a alla mostra “Mundus Vivendi”, insieme a Sottsass, Branzi, Coppola e Hosoe, realizzando un intero pavimento dipinto. La sua ricerca artistica si esprime attraverso grandi opere in ceramica, vasi alti fino a 3 metri e di soli 6 millimetri di spessore, naturalmente musicali. I “vasi del terzo millennio” hanno richiesto l’apposita costruzione di un forno da Enzo Santoriello, esperto tecnico della cottura che ha collaborato per realizzare opere “impossibili” anche con Miquel Barcelò ed Enzo Cucchi. Quest’opera viene scelta dal MIAAO, il primo museo dedicato in Italia alle arti applicate contemporanee, per la sua apertura ufficiale nel 2006, in concomitanza con la prima giornata di gare dei XX Giochi Olimpici Invernali, per una mostra personale dell’artista che viene intitolata Sette vasi per la casa sacra.
Nel 2006 partecipa alla Triennale di Milano con il “bestiario”, un pavimento in monoliti di 60×120 cm. Nel 2007 partecipa all’incontro con i poeti Lawrence Ferlighetti, Jack Hirschman, Agneta Falk e del fotografo e filmaker Chris Felver. Nel 2011 è invitato alla mostra “Lo stato dell’arte – Campania” nell’ambito del Padiglione Italiano della 54a Biennale di Venezia. Muore a Cetara nel 2011.

A proposito dell'autore

Collaboratore

Diplomato nel 2015 presso la Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell'Università di Siena, ha allestito diverse mostre, dedicandole, in particolare agli artisti emergenti del territorio campano, tra queste : “La Défense. Priorità del tempo, necessità dello spazio” (2009); “ Sguardi irrequieti. Nuove tracce del contemporaneo” (2009); Mascherata. 6 Ceramisti emergenti” (2010), “InterRail – Un viaggio nell'immagine” (2012) “Green Dreams” (2012). Tra il 2010 e il 2011 ha curato la rassegna “Aperto” a Minori in Costiera Amalfitana; ha collaborato all’organizzazione di “Immaginare la città” (2012) e di “Videa. Rassegna di video arte al femminile (2008, 2009). Ha collaborato alla realizzazione della prima edizione di “Paleocontemporanea” (2014) e coordinato il primo ciclo di “Arte e Linguaggi”, patrocinato dal Premio Napoli (2015). Collabora con il Museo F.R.A.C. di Baronissi (Sa). Scrive per «geaArt. Periodico di cultura, arti visive, spettacolo e nuove tecnologie creative» e «Sofà. Quadrimestrale dei sensi nell’arte».