Fabio Abbreccia, classe 1985, inizia circa dieci anni fa il suo percorso di ricerca che si è alternato tra lo studio del fumetto, della pittura e dell’illustrazione. Esperienze artistiche che si susseguono e si sovrappongono, sempre lasciando un certo equilibrio tra loro, sebbene si faccia sentire più forte, nel corso degli anni, la necessità di dedicarsi in maniera sempre più profonda alla pittura. Diverse le personali e le partecipazioni a performance di live painting, tra cui Frammenti di ossesioni visive, in cui Fabio dà vita alla composizione di un’immagine femminile che si ripete “ossessivamente”. Al 2013, successivamente all’incontro con Dario Sansone, risale la sua collaborazione col cast de L’arte della felicità: sua è una delle sequenze finali del film. In seguito collaborerà anche a un allestimento teatrale Variazioni enigmatiche. Ma la voglia di sperimentare e confrontarsi con il nuovo non si spegne mai e Fabio mi parla subito del suo ultimo progetto. Ci incontriamo nel suo studio, data l’indecisione meteorologica di questa folle estate. E la prima cosa che mi viene voglia di fare, non appena vedo l’invasione di colori che mi accoglie, è scattare qualche foto. Menomale che ho portato la mia fedele compagna di scatti, penso! Volti, dipinti vecchi e nuovi, tavolozze piene zeppe di colori rappresi e una grande scritta sul muro che non si può non guardare… Dopo aver curiosato col mio obiettivo ogni angolo dello studio, mi soffermo sulla copertina nera e ruvida di Volume Nero, il libro che Fabio mi ha appena messo tra le mani. Il suo ultimo lavoro che, mi dice, ha finalmente preso vita. Da cosa nasce l’idea di creare questo volume di illustrazioni? Cosa ti ha fatto nascere il desiderio di realizzare un libro? Dall’incapacità di contenere tutto quello che volevo esprimere in un’immagine sola. Apro la prima pagina e poi, pian piano, le altre, e guardo, ipnotizzata dal nero che continua a passarmi davanti. I disegni mi scorrono davanti in un continuum. Nero graffiato di bianco. Bianco risucchiato dal nero. Nero e Bianco. Totalizzante e continuo. E allora, per rompere il ghiaccio, decido di continuare con una domanda che mi sembra facile, quasi banale. E, intanto, non riesco a staccare gli occhi da quel mare scuro. Perché questa totalità del bianco e nero? Cosa ti ha spinto ad usare unicamente questo contrasto? Il bianco e nero s’è imposto da solo. È un elemento centrale del momento dell’opera che riflette questo particolare momento della vita. Il colore è devastante. Il colore è qualcosa che appartiene alle cose che stanno morendo, richiede attenzione e sforzo, richiede energie. Mentre il bianco e nero appartiene alle cose già morte. Molti volti e corpi in questa tua ultima produzione. Volti che sembra ti guardino, ti interroghino. Cosa chiedono le tue “creature”? Beh, in realtà tra loro e me si crea una relazione quasi impossibile da spiegare. Quel che sento è una richiesta di liberazione. Vogliono che gli si renda la libertà. Una sorta di spurgo di salvezza. Un esorcismo dell’arte. Una liberazione reciproca… Il pittore libera l’arte che libera il pittore? Il dipingere non è una liberazione in sé. La liberazione sta nella ripetizione dell’atto del dipingere. È come cercare di riempire un pozzo profondissimo con tante piccole monetine. Sai che non ci riuscirai mai, ma avrai occupato e riempito del tempo e, in un certo senso, lo avrai liberato. I corpi, ma anche gli oggetti, talvolta sembrano incompleti, quasi “tagliati”. È una scelta puramente tecnica? Mi sento libero di non completare la figura. Lasciare tronche alcune linee. Coprire alcuni particolari. Mi sento ormai staccato dalla naturale scolarizzazione che ti porta, inizialmente, a seguire alcune regole. Questo è quello che, adesso, mi rende realmente soddisfatto sotto il profilo artistico. Trovare una strada, un tratto distintivo. È più semplice, più naturale? È più naturale perché è più mio. Ma non è affatto più semplice. Togliere lascia spazi alle figure, richiede ancora più concentrazione, più attenzione. Insomma: il vuoto è più faticoso? Richiede più responsabilità? Il vuoto richiede un abbandono totale. Richiede che tu ti perda. Il vuoto pretende di essere accettato non riempito. I libro è ancora tra le mie mani. Lo guardo, e guardo i colori che mi circondano. I colori sul pavimento, sulle tavolozze sovrapposte, sulle tele complete (e incomplete). Il contrasto mi appare ancora più forte. E forte la convinzione che tutta l’arte è fatta di contrasti e che l’artista se ne nutre e cresce, si trasforma. Ne ha necessità… E quel nero profondo, così, mi appare ancora più ipnotico. Concludo l’incontro con un ultimo scatto, quello fatto alla parete, dove campeggia una frase. Quella che non si poteva non guardare: “L’arte non chiede scusa a nessuno”. info libro Volume Nero Fabio Abbreccia Edizioni GGStudio Brossurato, 96 pagine Disponibile da Settembre 2014